Repubblica 7.8.11
Berlino, quando la città si svegliò con il muroBerlino, 13 agosto 1961 la città si risveglia divisa dalla più grande cortina della Guerra fredda Il racconto di quei giorni
di Peter Schneider
La storia decisiva fu quella di Peter Fechter, raggiunto dalle pallottole della polizia di frontiera durante un tentativo di fuga. Tutti rimasero lì a guardare per quasi un´ora come si dissanguava. Chi di noi avrebbe osato avvicinarsi al moribondo per trascinarlo nel settore ovest? La risposta a questa domanda salvò o spezzò allora molte amicizie
Era la notte tra il 12 e il 13 agosto 1961. Prima con il filo spinato e poi mattone dopo mattone la Ddr eresse la cortina che divise la Germania e il mondo tra Occidente e socialismo reale Quella barriera che cambiò la vita di migliaia di persone sarebbe rimasta in piedi quasi trent´anni, ma, come racconta un testimone dei fatti, la sua ombra non se ne andò mai del tutto
La prima, e ancora primitiva, versione del Muro mi apparve davanti quando scesi alla stazione Zoo di Berlino. Allora nella città era ancora diffusa la percezione che la costruzione di quel mostro fatto di mattoni di cemento, filo spinato e facciate delle case murate fosse un delitto epocale. Migliaia di berlinesi occidentali si erano precipitati per vedere quella frontiera eretta nel grigiore dell´alba, senza capacitarsi di quello che si ritrovavano davanti agli occhi. Subito dopo si erano attaccati al telefono per dire parole d´incoraggiamento ai concittadini nell´Est che osservavano il Muro con lo sguardo pietrificato, e avevano insultato gli operai che lo stavano costruendo lanciando contro di loro anche qualche pietra. In 250mila si erano poi raccolti davanti al palazzo comunale di Schöneberg per sollecitare le potenze che proteggevano le loro zone ad avviare un negoziato. I leader di queste, tuttavia, non ci pensavano proprio a rischiare un´altra guerra mondiale a causa della costruzione di quel muro. Tutti concordavano che, se la Repubblica Democratica Tedesca voleva sopravvivere, doveva porre fine alla fuga di milioni di cittadini. E se la soluzione era un muro, che muro fosse.
La collaborazione dell´Esercito del popolo e di milizie armate della Ddr ai lavori di costruzione sancì in poche ore il destino di centinaia di migliaia di persone; e non solo separando violentemente innumerevoli famiglie per un quarto di secolo, ma anche strappando al loro posto di lavoro decine di migliaia di pendolari della Ddr che lavoravano a Berlino Ovest. I berlinesi dell´Est che per caso quel 12 agosto 1961 avevano dormito da parenti o amici a Berlino Ovest dovettero decidere se restare in Occidente o tornare nella loro zona sigillata così all´improvviso.
Ancora oggi non si dispone di ricerche esaurienti su come i berlinesi dell´Est reagirono al nuovo status di ostaggi del governo Ulbricht. Le dimostrazioni di giubilo organizzate a Est dai partiti devono essere apparse ai più come una fiera delle mostruosità. Eva e Jens Reich, due berlinesi dell´Est dei quali poi diventai amico, si recarono quella sera alla Brandenburger Tor. Nello sguardo di quasi tutti quelli che incontravano si leggeva l´indignazione. Da quel momento in poi la metropolitana non si sarebbe più fermata nelle stazioni di Berlino Ovest e nei vagoni affollati da pendolari la tensione era così alta che sarebbe bastata una scintilla per far esplodere la rabbia trattenuta. Solo una minoranza di funzionari e di scrittori sostenitori del Partito unitario socialista tedesco gioì per le nuove opportunità che grazie al Muro il socialismo avrebbe avuto per costruire una «Germania migliore».
Le immagini dei berlinesi disperati, che riuscirono a saltare in Occidente all´ultimo istante lungo la delimitazione della Bernauerstrasse mentre il piano di sotto era già murato, hanno fatto il giro del mondo. Meno note sono invece le tragedie di chi decise di intraprendere la fuga senza riuscirci nelle settimane e nei mesi successivi alla costruzione del Muro. Una di queste storie, che si svolse subito dopo il 13 agosto, l´ho approfondita assieme a Margarethe von Trotta: un gruppo di maturandi aveva deciso di fuggire in Occidente passando dalle fogne, che non erano ancora state chiuse. Uno dei ragazzi arrivò troppo tardi e dovette tornare dai genitori. Gli altri, tra cui il suo grande amore, raggiunsero l´Occidente. Il film Gli anni del Muro racconta come quel momento mancato determinò il destino di una coppia di amanti per trent´anni, come i due difesero il loro amore nonostante vite molto differenti e come, anche così, gradualmente si allontanarono.
Di queste storie ce ne furono ovviamente a migliaia. Nella parte occidentale però non si raccontavano, se si eccettua il caso unico di Uwe Johnson, che riuscì a trasferirsi a Ovest. Nella letteratura, lo squilibrio fu evidente ben presto. Mentre nella Ddr, negli anni della Germania divisa, non ci fu un solo scrittore importante che, pur con tutta la cautela richiesta dalla censura, non affrontasse letterariamente il dramma della divisione, nella Repubblica Federale il tema non fu affrontato neanche da uno scrittore.
Per me, per quelli arrivati tardi, la storia decisiva fu quella di Peter Fechter, raggiunto dalle pallottole della polizia di frontiera durante un tentativo di fuga, il 17 agosto 1962, vicino al Checkpoint Charlie. I poliziotti, i cosiddetti Grepo, rimasero lì a guardare per quasi un´ora con i fucili caricati come Fechter si dissanguava. Atterriti dalla scena, gli abitanti di Berlino Ovest sollecitarono i soldati americani a intervenire per aiutarlo. L´ufficiale di turno era incerto sul da farsi e telefonò al comandante americano a Berlino, il maggiore generale Albert Watson II, che gli rispose: «Tenente, lei conosce i suoi ordini. Tenga duro. Non faccia niente».
La lotta contro la morte di Peter Fechter e le sue urla di aiuto diventarono per me e per molti dei miei compagni il test di una coscienza politica non ancora messa alla prova: chi di noi avrebbe osato avvicinarsi al moribondo per trascinarlo nella parte occidentale? La risposta a questa domanda salvò o spezzò allora molte amicizie. Alcuni studenti, conosciuti più tardi già negli anni della rivolta, rischiarono la vita e la libertà per diventare soccorritori di fuggiaschi, ma quando sei anni dopo l´anticomunismo diventò tra la nuova sinistra un peccato mortale, smisero quasi del tutto di rivendicare queste azioni eroiche.
Dal progetto folle della costruzione del Muro derivarono logicamente tutte le altre anomalie della politica occidentale e orientale: un commercio di esseri umani per miliardi di marchi, che per non essere politicamente scorretto era chiamato «acquisto della libertà dei prigionieri politici»; le adozioni forzate, a lungo ignorate dalle autorità federali, dei bambini figli di persone la cui fuga era fallita; il sussidio da parte della ricca Rft di una Ddr che si avvicinava sempre di più alla bancarotta. Nei giorni dopo la costruzione del Muro a Berlino Ovest, l´esclamazione più comune fu: Follia! In realtà, la caduta del Muro rappresentò la fine di una follia alla quale si erano abituati tutti e la ripresa di una normalità non presente per un lungo periodo e dimenticata.
È ancora sorprendente quanto l´indignazione dei primi mesi e anni si trasformasse rapidamente in abitudine, quasi si potrebbe dire in accettazione, sebbene con diverse intensità. Se per i tedeschi della Ddr la costruzione del Muro significò la fine della libertà di spostamento, per quelli a Ovest fu presto chiaro che, fatta eccezione per lo struggente «fratelli e sorelle a Est» con cui li martellava il gruppo editoriale Springer, a loro in realtà non era venuto a mancare molto. Gradualmente la rabbia diventò un arrabbiarsi contro le difficoltà alla frontiera. Una crepa cominciò a insinuarsi nella Repubblica Federale e anche a Berlino Ovest nella «questione tedesca». Mentre i conservatori della Cdu e le pubblicazioni della Springer continuavano a parlare, seppure a un pubblico sempre più ristretto, dell´unificazione della Germania, nella sinistra e nel Partito socialdemocratico si era diffusa la convinzione che non ci fosse modo di cambiare lo stato delle cose con i desiderata. Fu in questa terra desolata di uno sterile scontro Occidente-Oriente che Willy Brandt ed Egon Bahr gettarono il seme della politica della distensione. Questo nuovo approccio però poteva essere applicato solo a caro prezzo. Per non mettere a repentaglio il dialogo con i governanti comunisti, i negoziatori dell´Ovest dovettero troncare ogni contatto con i dissidenti della Ddr, dell´Unione Sovietica e della Polonia. Parole provocanti come «Muro della vergogna» o «riunificazione» dovettero essere cancellate dal vocabolario per essere sostituite dal concetto falso ma distensivo che il socialismo in questi paesi fosse riformabile. Di questo pensiero ristretto fu vittima il tema più importante della Germania: la separazione e il suo superamento. Lo slogan contro l´oppressione nella Ddr diventò monopolio della destra; chi si collocava a sinistra preferiva aggirare questi scomodi dati di fatto.
Nel 1980 trascorsi sei mesi tenendo conferenze nell´America Latina. Al mio ritorno, il mio sguardo per quella frontiera nel frattempo modernizzata fu più distaccato: sì, il Muro era la costruzione più assurda del mondo cui nessuno riusciva a sottrarre lo sguardo, pensai, l´antagonista tedesco, per così dire, della Statua della libertà, ma al tempo stesso niente si sapeva su quello che la costruzione aveva fatto alle persone che vivevano nella sua ombra. Quando cominciai le ricerche per Il saltatore del Muro, dovetti scontrarmi con lo scetticismo di quasi tutti gli amici ai quali parlavo del mio progetto. Già il tema stesso mi rendeva sospetto. Innanzitutto cozzava contro i canoni dell´originalità in letteratura. Non c´erano già migliaia di articoli che avevano il Muro come tema? Secondo, e quest´argomento pesava di più, non mi stavo inoltrando nel territorio della destra e della Bild-Zeitung, che una persona di sinistra ben informata avrebbe voluto evitare a tutti i costi? Chi avesse rimestato nella questione del Muro e della divisione della Germania, ritenuto anch´esso un risultato della guerra di Hitler, sarebbe diventato un sostenitore della Guerra fredda e, sì, anche un revisionista e un revanscista.
Non occorreva essere particolarmente brillanti né avere capacità profetiche per scoprire il «Muro nella testa di ciascuno di noi», che io nel mio libro chiamai per nome e descrissi per primo. Bastava la curiosità. Una curiosità che tuttavia, nell´isterico periodo della Guerra fredda e del pensiero ristretto, era merce rara. Una recensione di Die Welt, giornale del gruppo Springer, scrisse allora che era sorprendente che il libro fosse stato scritto proprio da una persona di sinistra. Il libro era decisamente più intelligente del suo autore.
Nel corso degli anni, da entrambi i lati del Muro, incontrai dei dissidenti della Ddr che nel cuore erano ancora dei comunisti - Stephan Hermlin, Stephan Heym, Heiner Müller, Thomas Brasch, Christa Wolf, Christoph Hein e Volker Braun, tra molti altri. Ancora oggi mi chiedo che cosa li abbia spinti a restare fedeli, anche a Muro caduto, a uno Stato che aveva cacciato via tanti loro colleghi e minacciato loro stessi con la censura e con il divieto di pubblicare la loro «critica solidale». Qual era l´origine di quella curiosa lealtà, in qualche modo anche masochista, per i loro aguzzini? Era la convinzione che la Ddr fosse in principio davvero l´unico Stato antifascista sul suolo tedesco? O era forse che non riuscivano semplicemente ad ammettere di aver scommesso per tutta una vita su un progetto mandato a monte dai popoli dell´Europa centrale e dell´Est con una vera rivoluzione? O forse lo Stato li aveva davvero viziati?
La fedeltà di molti intellettuali della Ddr a una dittatura che aveva imposto loro la strada e che aveva trasformato in prigionieri politici decine di migliaia di loro concittadini meno noti continua a essere un fenomeno tutto tedesco e senza analogie in nessun altro paese del blocco dell´Est. È ancora sorprendente, inoltre, che tra gli scrittori di orientamento di sinistra della Repubblica Federale nessuno abbia abbracciato la tempesta della libertà che impazzava nell´Europa centrale e dell´Est. Temo che la classe intellettuale tedesca non si sia ancora ripresa da quella incredibile e finora non ammessa assenza di reazione da parte dei rappresentanti della sua letteratura.
Quando il Muro cadde, ventinove anni dopo la sua costruzione, la tempesta che investì quella mostruosità arrivò indubbiamente da Est. I tedeschi dell´Ovest e le potenze che li proteggevano sono rimasti lì a sfregarsi gli occhi mentre i popoli dell´Europa centrale e dell´Est e infine anche i tedeschi dell´Est assalivano i bastioni della dittatura comunista. Che cosa accadde veramente a Ovest? Perché nessuno vide arrivare quella rivoluzione? Persino nella Cdu, ha ammesso Helmut Kohl un anno fa, nessuno credeva più alla possibilità di una caduta del Muro e della riunificazione. Non è un rimprovero, ma un fatto storico: a Berlino Ovest e nella Germania Federale non c´è stata una sola manifestazione a favore della riunificazione.
Traduzione di Guiomar Parada
domenica 7 agosto 2011
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