martedì 23 agosto 2011

l’Unità 23.8.11
Noi partigiani diciamo: Non toccate il 25 aprile 
di Carlo Smuraglia, Presidente nazionale Anpi

Agli Onorevoli Presidenti dei Gruppi parlamentari del Senato e della Camera dei Deputati
Onorevoli Presidenti, quando i quotidiani hanno dato notizia del progetto di inserire tra le varie misure della più recente manovra anche l’accorpamento delle festività laiche infrasettimanali alla domenica successiva, il Comitato Nazionale dell’Anpi ha espresso subito la più viva preoccupazione con un comunicato che faceva riferimento, in modo particolare, a tre festività di eccezionale rilievo e valore storico (25 aprile, 1 maggio e 2 giugno).
Nel frattempo, ci sono pervenute da ogni parte d’Italia manifestazioni di esplicito dissenso rispetto a quel tipo di misure, accompagnate anche dall’opinione di non pochi economisti, secondo i quali l’incidenza delle stesse, sul piano economico, sarebbe sostanzialmente irrilevante. C’è un diffuso allarme, al riguardo di queste misure, in gran parte del mondo democratico e dei cittadini che credono all’importanza di alcuni valori imprescindibili.
L’Anpi, ovviamente, è consapevole della necessità della pronta adozione di misure anche drastiche, per affrontare la grave crisi che si sta attraversando (non solo in Italia) ed evitare il peggio, convinta che solo misure che rispondano a criteri di equità e ragionevolezza possono essere recepite ed attuate con la necessaria convinzione e il conseguente impegno da parte di tutti.
Ma l’equità non si realizza soltanto sul terreno economico-sociale. Di essa fanno parte anche valori fondamentali, di natura storico-politica, che riguardano l’intera collettività nazionale; prescindere da essi o negarli, significherebbe negare la nostra stessa storia, le origini della nostra libertà e della democrazia e misconoscere lo stesso significato del lavoro, posto giustamente a fondamento della Repubblica ed al quale è dedicata una festa che appartiene alla tradizione di tutti.
È stato giustamente rilevato, da un illustre giurista (Alessandro Pace), che i francesi non accetterebbero mai di spostare la data del 14 luglio, così come gli americani non prenderebbero neppure in considerazione l’idea di spostare il Giorno dell’Indipendenza o il Giorno del Ringraziamento. Per tornare a noi, va detto, in particolare, che, fra le feste “laiche” che si vorrebbero spostare, quella del 25 aprile festa nazionale e dunque di tutti assume un significato del tutto particolare perché ricorda non solo la liberazione dalla dittatura e dall’invasione nazista, ma anche quelle centinaia di migliaia di cittadini che si sono sacrificati per la nostra libertà. (...)
Mi permetto, perciò, a nome dell’Anpi Nazionale, di invitare tutti i Gruppi parlamentari ad una riflessione attenta e serena sulla questione che l’Anpi ha doverosamente sollevato e la cui sostanza confido che potrà essere accolta senza difficoltà. Se così sarà, ne guadagnerà l’intera collettività nazionale, pronta ad affrontare, quando necessario, anche importanti sacrifici, ma nel rispetto della nostra storia e dei valori che devono unirci perché sono alla base della Costituzione e della stessa convivenza democratica.

l’Unità 23.8.11
Il Leone a Bellocchio da Bertolucci


Due amici e colleghi che quest’anno sono stati insigniti di due prestigiosi riconoscimenti. Sarà Bernardo Bertolucci a consegnare a Marco Bellocchio il Leone d’oro alla carriera. La cerimonia di premiazione avverrà il 9 settembre alle ore 17, nel corso della sessantottesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che si svolgerài dal 31 agosto al 10 settembre.
«Mi onora e mi commuove che sia Bernardo Bertolucci a consegnarmi il Leone ha dichiarato Marco Bellocchio -. Pur percorrendo strade diverse, c’è sempre stata tra noi due reciproca attenzione, stima e affetto. Due prestigiosi premi alla carriera (la Palma alla carriera a Bernardo e il Leone a me) nello stesso anno sono, oltre che un riconoscimento artistico importante, l’immagine di una ripartenza per altre avventure umane e artistiche che spero possano durare ancora a lungo», ha concluso il regista. La cerimonia sarà aperta con la proiezione del film-omaggio Marco Bellocchio, Venezia 2011, che Pietro Marcello ha realizzato per l’occasione e che ripercorre la carriera del regista.

Repubblica 23.8.11
Milioni di anni fa erano 40 le specie di primati che dominavano il mondo Ne sono rimaste 5, tutte a rischio estinzione. Tagliati i fondi per salvarle
Dimenticate Hollywood nel nostro futuro un pianeta senza scimmie
di Angelo Aquaro


Nella grande tabella che incombe negli uffici dell´Unep, il programma per l´ambiente dell´Onu, lì nel Palazzo di Vetro nel cuore di Manhattan, il pianeta delle scimmie conta già le prime vittime. I nomi corrono da sinistra verso destra: bonobo, scimpanzè, gorilla, orangotango. E dall´alto verso il basso ecco sfilare gli ultimi paradisi che le ospitano: dalla Guinea all´Indonesia. Paradisi? Forse bisognerebbe chiamarli per quelli che sono: inferno. Gorilla del Gabon: a rischio. Scimpanzé della Nigeria: non pervenuto. Gorilla del Congo: estinto.
Si fa presto a dire scimmie. Nell´anno del Signore 2011 l´esistenza dei nostri parenti più prossimi è minacciata come mai. Al cinema torna l´ennesima versione di quel "Pianeta" che infesta i nostri incubi da più di quarant´anni. Ma la realtà è un´altra. Uno scienziato come John C. Mitani l´ha sintetizzata sul New York Times: la vera paura che dovrebbe assalirci è quella del pianeta senza scimmie. Siamo tutti ominidi: e questo è il punto di partenza. Una grande famiglia in cui gli umani si ritrovano accanto a gorilla, orangotango e scimpanzé. L´antenato comune più antico mai ritrovato si chiama Toumai e il suo fossile è spuntato giusto una decina di anni fa. Ha sette milioni di anni. Poi gli ominidi, altrimenti detti Grande Scimmie, hanno cominciato a separarsi. Più o meno felicemente.
Quattro milioni di anni fa il cammino dell´uomo. Una storia lunghetta che ci ha portati fin qua. Ma intanto delle 40 specie di quel glorioso esercito sono rimasti in piedi, o meglio a quattro zampe, solo cinque tipi. Il gibbone e l´orangotango in Asia. Lo scimpanzé, il bonobo e il gorilla in Africa. E nel giro di qualche generazione anche le Grandi Cugine potrebbero così raggiungere la lista delle specie scomparse nell´ "estinzione dell´Olocene": che poi sarebbe l´era geologica nella quale arranchiamo da 12mila anni. Solo dal 1500 al 2009 sono state 875 le specie che ci hanno lasciato. O meglio: che abbiamo distrutto. È il cosiddetto "impatto dell´uomo". Malgrado nel nostro rapporto con gli scimmioni abbiamo un problema in più: etico.
Una pioniera come Jane Goodall cinquant´anni fa ha cancellato l´ultimo alibi: dimostrando che le Grandi Scimmie costruiscono utensili. Addio solitudine dell´homo faber. Da allora le sorprese e le similarità riscontrate non sono finite. La scoperta, per esempio, che i gorilla si scambiano dei messaggi vocali ha riaperto un vecchio dibattito: il linguaggio è tipico dell´uomo o no? Il linguaggio è innato secondo la tesi del più noto studioso: Noam Chomsky. Ma proprio per contrastare la sua ipotesi Herbert S. Terrace della Columbia University aveva cresciuto come un bambino una scimmia a cui aveva dato il nome-caricatura di Nim Chimpsky: una storia, non finita benissimo, ripescata oggi in un altro film-documentario, "Nim", che è già un piccolo cult.
Proprio l´attivismo di Goodall, una pioniera nello studio di animali & emozioni, ha spinto la creazione di grandi progetti internazionali di salvataggio. In America, per esempio, il "Great Apes Conservation Fund" è servito negli ultimi anni a finanziare spedizioni e studi. Peccato che adesso sia subito finito tra le vittime dei tagli per il deficit. Il "Great Apes Survival Project" è un´altra iniziativa che qualche anno fa ha partorito tanto di "Dichiarazione di Kinshasa". Ma sapete come funzionano queste cose. Un conto sono le carte e un conto i verdoni. E intanto, dalla deforestazione alla caccia, la distruzione avanza. Per non parlare di quella temibile moda che si chiama "bush meat": avete mai provato la carne degli animali in via di estinzione?
Così la Terra si prepara a diventare il pianeta senza scimmie. E del resto: di fronte a 7 miliardi di uomini i nostri cugini si contano oggi in poco più che 200 mila gorilla, 100 mila scimpanzè, 69 mila orangotango e appena 10 mila bonobo. Speranze? La solita Goodall dopo 50 anni nella sua Africa non ha dubbi: «I bambini. Nel Congo occidentale il commercio della carne proibita sta decimando la natura. Un bambino che partecipava ai nostri progetti aveva uno zio che faceva il cacciatore. L´ha convinto a smettere e a darsi ai polli. Per lui è diventato un affare. E nel giro di due anni 75 cacciatori avevano deposto le armi». Che bel pianeta che sarebbe: bisognerebbe farci un film.

Repubblica 23.8.11
Così abbiamo creato la generazione dei vandali di Londra

Non sono arrivati su una navicella spaziale: queste barbarie vanno riconosciute come nostre
La società oggi ha paura di punire perché ha smesso di giudicare e non capisce l´offesa di essere offesi
Lo scrittore inglese spiega perché i giovani delle rivolte non sono (solo) semplici criminali
di Howard Jacobson

L´unico negozio a Clapham Junction che la scorsa settimana non sia stato saccheggiato è stata la libreria Waterstone´s. Un´opportunità d´oro per sgraffignare un Harry Potter o la Breve introduzione critica alla sociologia di Anthony Giddens, andata sprecata. E questo mette definitivamente a tacere la tesi secondo la quale i saccheggiatori protestavano contro i costi elevati dell´istruzione.
Peccato che non sia così. Non si può identificare una causa isolando un effetto. Mollare un cazzotto a qualcuno mentre te la fili con un paio di scarpe da ginnastica che non ti sei nemmeno preso la briga di provare – come fanno a sapere che sono della misura giusta? Non so voi, ma io ci metto non meno di un´ora per acquistare un paio di scarpe – può anche non sembrare un atto di disimpegno politico, e tutti i saccheggiatori che ho sentito parlare blateravano parole senza senso, ma anche i migliori tra noi non sempre sanno perché fanno ciò che fanno, proprio come anche i più intelligenti non sempre sanno dar voce alla loro frustrazione. Perciò non credo all´assunto della "criminalità pura e semplice". Niente è "puro e semplice", men che meno la criminalità, le cui radici hanno afflitto pensatori e filosofi sin dall´istante in cui il genere umano ha cominciato a pensare. Raskolnikov è forse un criminale puro e semplice? E Macbeth? E non venite a dirmi che nella letteratura è diverso. L´essenza della letteratura è proprio questa, che ti fa vedere le cose in maniera diversa. In letteratura l´immaginazione si spinge laddove la morale non arriva.
Personalmente, dopo aver ascoltato praticamente tutti sull´argomento, dai tassisti ai criminologi, da collerici conservatori saccenti a saccenti liberali moralisti, da quelli che saccheggiano a quelli che sono stati saccheggiati, dai neri ai bianchi e dai giovani agli anziani, sono giunto a questa conclusione: hanno tutti ragione e tutti torto. Cosa mai ci fa supporre che la risposta risieda nell´uno o nell´altro apparato di interpretazioni politicizzate? Sono i tagli; no, non possono essere i tagli, perché l´effetto dei tagli (Dio ci assista) ancora non si è fatto sentire. Questo è quel che succede quando i poveri vengono brutalizzati; no, questo è quel che succede quando si concede loro tutto ciò che vogliono. Nella nostra smania di puntare il dito, rispecchiamo l´aggressività di chi mette sotto con l´auto chiunque ostacoli il suo cammino.
Basta dare una scorsa ai commenti in rete che seguono anche il più ragionevole ed equilibrato degli articoli sull´argomento. Non ci limitiamo a esprimere il nostro disaccordo, ingiuriamo e dissacriamo. Se potessimo uccidere con le parole lo faremmo. Persino su Newsnight, che in genere incoraggia un dibattito più moderato, la settimana scorsa nessuno ascoltava nessuno. La seconda o terza notte di disordini a Kelvin MacKenzie per poco non è scoppiata un´arteria a furia di urlare per zittire un rapper che cercava di capire gli avvenimenti in corso. Gli eroi della ragione in entrambi gli schieramenti sono pochi, ma nel complesso la destra rischia più della sinistra un infarto collettivo. Sembrerebbe che la rabbia stia facendo perder loro il senno. Forse è la vista di tutti quegli oggetti rubati. Nell´uno o nell´altro caso, la violenza verbale nei mezzi di comunicazione è un tutt´uno con il caos che regna nelle strade. E anche questo fa parte della storia: la reciproca incomprensione di persone che si considerano gente civile.
Sì, "criminalità" è una parola troppo blanda per descrivere la barbarie a cui abbiamo assistito, ma se di criminalità pura e semplice si tratta, allora come spiegare il numero di criminali puri e semplici che la nostra società è in grado di chiamare a raccolta con il semplice ausilio di un Blackberry? Sono arrivati su una navicella spaziale? Sono un´anomalia di qualche altro sistema solare? Ovviamente sappiamo benissimo da dove sono venuti: da posti da cui la maggior parte di noi ha accuratamente distolto lo sguardo, sperando che se ne sarebbero rimasti lì, augurandoci che avrebbero sfogato la loro brutalità tra di loro, che avrebbero risolto il problema della loro esistenza da soli, affogandolo nel loro sangue. Sono il prezzo che paghiamo – no, il prezzo che essi stessi pagano – per il modo in cui abbiamo scelto di vivere. Nulla a che vedere con noi? Criminalità pura e semplice? Allora neppure l´altra faccia della criminalità – buone azioni, magnanimità, chiamateli come volete – ha nulla a che vedere con noi. Non possiamo accollarci il merito dei nostri successi e respingere la responsabilità dei nostri fallimenti. L´esistenza di qualche criminale non basta a confutare la società in cui viviamo, ma quando la criminalità è così diffusa e inveterata, e si manifesta persino tra ragazzi talmente giovani da non aver ancora tagliato il cordone ombelicale, non possiamo spacciarla per un fenomeno auto-originatosi. Chiamatele pure come volete, ma queste "manifestazioni delle tenebre" dobbiamo riconoscerle come nostre.
Gli ultimi anni sono stati nauseabondi. Quella particolare forma di saccheggio nota come furto societario continua a infuriare incontrollato. Gli sciacalli dell´economia portano il mondo sull´orlo della rovina. Non abbiamo bisogno che il divario tra ricchi e poveri ci venga illustrato sotto forma di percentuali, la bruta realtà è sotto i nostri occhi, nei negozi come per le strade e nei ristoranti delle nostre città più ricche. Un bonus di un qualunque funzionario di banca basterebbe probabilmente a pagare tutta la roba che è stata rubata la settimana scorsa. E noi non abbiamo nemmeno la decenza di nascondere l´ampiezza di questa razzia legalizzata a gente per la quale, senza voler fare del sentimentalismo, un paio di scarpe da ginnastica rappresenta qualcosa di straordinario. Il Sunday Times pubblica i suoi elenchi di gente facoltosa, riviste di celebrità strombazzano le altrui ricchezze, la televisione feticizza il successo immeritato e, giacché si parlava di scarpe di ginnastica, ditemi un po´ da chi è che i giovani hanno imparato a desiderarle tanto. Persino a Tottenham non si nasce con un bisogno innato di scarpe da ginnastica. L´ardente desiderio di un paio di scarpe da ginnastica non è certo inscritto nel dna dei poveri. C´è dell´ironia nel fatto che persone che vendono robaccia a gente che non può permettersela, siano le prime a vedersi sfondare le vetrine. Ma le loro perdite saranno le prime a essere riparate, e chi dice che quanto è successo non renda la loro merce ancor più desiderabile? Quel che i tuoi amici hanno razziato il lunedì, tu potresti acquistarlo il venerdì.
Se le mie parole suonano frutto di un liberalismo all´acqua di rose alle orecchie di chi pensa che il crimine condannato sia miracolosamente risolto, lasciate che aggiunga una cosa: il liberalismo oggi giace in rovina non solo perché ha assecondato le idiozie culturali che hanno dato ai saccheggiatori il loro infondato senso di diritto – salutando il loro stupido gergo da teppisti come espressione di una ribellione contro il conformismo e il governo, e poco importa la loro esecrabile brutalità – ma perché, nel suo pietismo bigotto, non è riuscito a comprendere il ruolo necessario che il liberalismo – linee guida, esempio, autorità, confini – gioca nel reggere la società. Non avrebbe mai dovuto accadere che i genitori, gli insegnanti, o gli stessi poliziotti, cominciassero a temere i giovani, o le conseguenze di porre un freno al loro agire incontrollato. Nell´interesse dei giovani, ancor prima che nel nostro. E il risultato è che loro sono diseredati e noi viviamo nel terrore. In una società che ha paura di punire perché ha paura di giudicare, che non capisce l´offesa di essere offesi, che non riesce a percepire la gravità di un crimine, e non tenta nemmeno più di fare giustizia, non c´è da meravigliarsi che ci siano persone che invocano con furia il ritorno della pena capitale. Potrebbe sembrare un paradosso – una società insensibile che si mostra tenera con i criminali che crea – ma si tratta solo di un cinico compromesso. Tu chiudi un occhio sui nostri crimini e noi chiuderemo un occhio sui tuoi. Quei saccheggiatori sono dei criminali, su questo non c´è dubbio – ma sono i nostri criminali, che sfasciano a destra e manca ciò che noi, sinistra e destra, abbiamo già sfasciato.
© (Originariamente pubblicato su The Independent) (Traduzione di Milena Zemira Ciccimarra)

Nessun commento:

Posta un commento