lunedì 9 agosto 2010




Repubblica 9.8.10

Lezioni di vitalità
Stern: "così conosciamo attraverso il corpo"
di Massimo Ammaniti

Lo psicanalista americano è stato appena premiato per le sue teorie innovative: "Per capire chi siamo bisogna studiare come ci muoviamo"
"Energia, tensione eccitamento condizionano moltissimo il nostro stato mentale"
"Il Satiro danzante è nell´arte l´icona della fisicità che si trasforma in un sentimento"
"Il ballo è una forma dinamica che dà la dimensione del nostro essere"

Ha appena ricevuto un premio. Si tratta dell´award dell´Associazione Italiana della Salute Mentale Infantile e dell´Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Lui è Daniel Stern, clinico e ricercatore che ha rivoluzionato la nostra concezione dello sviluppo psicologico del bambino e che ha compiuto a ritroso il viaggio di Freud portando la "peste" nel mondo psicoanalitico europeo. In altre parole mentre Freud aveva portato la "peste", come lui scrisse introducendo la psicoanalisi nel pragmatismo della cultura americana, Stern venendo ad insegnare a Ginevra è stato uno degli artefici della "rivoluzione intersoggettiva" che sta modificando profondamente l´approccio dei clinici della salute mentale. Non sono le pulsioni sessuali ed aggressive a motivare il comportamento umano, quanto piuttosto il bisogno di comunicare e di condividere con gli altri le proprie emozioni e le proprie esperienze, prima con i genitori e poi con le persone che via via si incontrano.
Nel nostro dialogo abbiamo concordato di parlare del suo ultimo libro che sta uscendo in questi giorni negli Stati Uniti Forms of vitality ("Forme di vitalità") pubblicato dalla Oxford University Press (in Italia per Raffaello Cortina).
Ma che cos´è oggi la vitalità, tenendo presente che il filosofo francese Bergson ne aveva parlato in termini spiritualistici. Stern ha un linguaggio evocativo e dopo aver premesso che è un concetto sfuggente e poco esplorato dalla psicologia e dalla psicoanalisi, racconta le sue idee: «Noi abbiamo delle "impressioni di vitalità", proprio come respiriamo l´aria. Naturalmente quando entriamo in rapporto con le altre persone valutiamo in modo intuitivo le loro emozioni e i loro stati d´animo, il loro stato di salute e di malattia sulla base della vitalità che viene espressa attraverso i movimenti.
E´ centrale nella vitalità il movimento, che si realizza in un arco di tempo, anche molto corto». Per rafforzare le sue argomentazioni Stern prende in mano il bicchiere dal tavolo e lo avvicina a sé; la dinamica e il significato è diverso se la cinematica del movimento è veloce o addirittura brusca, oppure se è armonica o rallentata. Qui ci riporta alla fenomenologia dell´essere, un profilo temporale che si caratterizza per un inizio del movimento, un suo fluire ed una sua fine. E non solo il tempo si intreccia col movimento ma anche con la forza, la collocazione nello spazio e la sua intenzionalità.
Anche Freud parlava dell´Io corporeo attorno a cui si organizza la vita psichica del bambino, ma tuttavia riconosceva che il lavoro di esplorazione della psicoanalisi si fermava di fronte allo "strato roccioso", ossia il limite invalicabile della dimensione corporea. Ma Stern non ritiene che il corpo sia inesplorabile. «Mentre la psicoanalisi ha tradizionalmente privilegiato la parola e la narrazione, ossia l´ambito della conoscenza esplicita che può essere comunicata verbalmente, la ricerca in campo infantile ha messo in luce che esiste una conoscenza implicita, più automatica e non riflessiva che si esprime attraverso il nostro corpo senza che ce ne rendiamo conto. Ad esempio quando incontriamo una persona la guardiamo nel volto e negli occhi ed abbiamo un´impressione immediata del suo stato d´animo e delle sue intenzioni e senza rendercene conto ci disponiamo all´incontro, esprimendo a nostra volta nel volto e nel corpo il nostro orientamento. E´ un campo di cui si parla sempre più spesso, quello della cognizione incarnata, ossia radicata all´interno del corpo. Mentre si pensava in precedenza ad un modello della mente astratto, via via è stata considerata "embodied" ossia radicata nel corpo, così come è stato teorizzato dall´epistemologo Varela».
D´altra parte le sensazioni corporee interagiscono con la mente umana. «Vi è un background dei sentimenti che è influenzato dai cambiamenti e dalle perturbazioni dello stato interno del corpo, che include anche i muscoli e addirittura il profilo biochimico dell´ambiente interno, ossia "il tono generale fisico del nostro essere"». E qui Stern riprende la definizione che ne da il neurobiologo Damasio. Molte sensazioni fisiche condizionano il nostro stato mentale, come ad esempio la stanchezza oppure l´energia o anche la tensione e l´eccitamento fino ad arrivare a sensazioni più difficili da descrivere, ma ugualmente significative come la stabilità e l´instabilità. Naturalmente molte sensazioni sono rilevanti per il nostro stato di vitalità, che potrebbe essere definito come un termometro continuo del nostro stato corporeo. E´ un termometro, tuttavia, di cui non siamo consapevoli, e quando le sensazioni corporee entrano nella coscienza diventano sentimenti che possono essere espressi a parole.
Le dinamiche del corpo sono sempre più al centro del nostro dialogo e dal momento che Stern nel suo libro parla anche dei riflessi della vitalità nell´arte, gli faccio vedere nel computer l´immagine del Satiro Danzante, la statua di bronzo rinvenuta in mare che si trova a Mazara del Vallo. E´ un´immagine che esprime bene la tensione e la vitalità del corpo del Satiro, nell´attimo in cui sta saltando sul piede destro e solleva la gamba sinistra, estendendo le braccia e piegando dolcemente la testa. «Sarebbe una buona illustrazione della vitalità», commenta Stern. Ma nell´arte ci sono altri esempi per le dinamiche della vitalità. «Ce ne sono nella musica oppure nel ballo. E anche nel cinema che possono creare forme di vitalità utilizzando mezzi espressivi diversi e simultanei, dal suono, ai gesti e ai movimenti dei protagonisti, agli effetti teatrali e scenici. Se si considera una sequenza cinematografica, si può vedere come l´inquadratura avvicinandosi o allontanandosi dal protagonista susciti risonanze diverse nello spettatore, proprio come il crescendo nella musica. Una buona illustrazione si può vedere nel film di Hitchcock Uccelli quando si incontrano i due protagonisti Melanie e Mitch, con un´alternanza di inquadrature sul volto dell´uno e dell´altra con un campo sempre più ravvicinato. Fino a che l´inquadratura sul volto di Melanie si ferma e la progressione si è interrotta, suscitando un interrogativo nello spettatore. Nelle immagini successive si scopre che un uccello era sceso in picchiata su di lei e l´aveva colpita in testa e per questo l´attenzione di Melanie non era più indirizzata all´incontro con Mitch ma al tema dell´uccello. Questo è un buon esempio di come ogni forma di arte possa rappresentare con linguaggi e tecniche diverse le forme dinamiche della vitalità». Infine ci sono anche le applicazioni cliniche nella psicoanalisi. «Nel contesto della psicoterapia la vitalità si esprime in modi diversi, non solo nello scambio verbale fra psicoanalista e paziente, ma nel loro modo di disporsi e di atteggiarsi con i loro corpi quando ad esempio il paziente entra in seduta e guarda in faccia il proprio psicoanalista per scoprire di che umore sia. Ma anche il modo di suonare alla porta o il darsi la mano rappresentano espressioni importanti della vitalità di entrambi, a cui troppo spesso non si dà abbastanza importanza».
segnalazione di Giulia Mari

Corriere della Sera 9.8.10
1897 E Tolstoj trattato da cavia si fece beffa di Lombroso
L'incontro burrascoso tra il criminologo e lo scrittore
di Paolo Di Stefano

Il pioniere Criminologo Cesare Lombroso (nella foto) è nato a Verona nel 1835. Antropologo e criminologo, pioniere degli studi sulla criminalità influenzati dalla fisiognomica L' incontro Il 23 agosto 1897 Lombroso arrivò a casa Tolstoj (tenuta di Jasnanja Poljana) «per una visita di più giorni»

Il 20 agosto 1897 in casa Tolstoj, nella vasta tenuta di Jasnaja Poljana, giunse un telegramma da Mosca. Era firmato da un tizio il cui nome lo scrittore conosceva vagamente (e di cui, per quel poco che ne sapeva, diffidava alquanto): Cesare Lombroso. Il criminologo italiano, che si trovava da qualche giorno nella capitale russa per un importante convegno medico internazionale, esprimeva il desiderio di incontrarlo. Nessun interesse umano o artistico, solo una verifica scientifica. Lombroso desiderava osservare il genio letterario più illustre del momento nel suo ambiente naturale per coglierne de visu gli aspetti degenerativi e «i fondamenti patologici» che andava teorizzando. Si trattava di due persone che non condividevano nulla e l' esito di quell' incontro, ricostruito da Paolo Mazzarello ne Il genio e l' alienista (Bollati Boringhieri 2006), lo dimostrerà. Lombroso fu accolto da star nel consesso moscovita, lo zar in persona gli offrì di abbandonare la pensioncina che aveva prenotato per trasferirsi al Cremlino. E quando il generale della polizia russa seppe che voleva incontrare lo scrittore, l' alienista si sentì dire: «Possibile che lei non sappia che Tolstoj ha qualcosa fuori posto nella testa?». Fatto sta che, nonostante gli ostacoli posti dal governo, il 23 agosto Lombroso arrivò a casa Tolstoj «per una visita di più giorni». Lo scrittore era ormai il guru di un cristianesimo antidogmatico e di un socialismo panico e visionario, patriarca in una proprietà con un parco ricco di vialetti, giardini, laghetti, fiumi, scuderie e canili, una tenuta, piena di servitù (a cui l' antiautoritario Tolstoj non amava ricorrere), descritta come un porto di mare, meta dei pellegrinaggi di adepti vicini e lontani che arrivavano per ottenere consigli, sensazioni, ispirazione, sostegno morale e spirituale. Mazzarello si chiede, giustamente, se Lombroso oltrepassando le due «trionfanti torrette» d' entrata si fosse domandato come faceva, il grande scrittore, a conciliare le dottrine pauperistiche con quella tenuta principesca. E chissà quanti sospetti nutriva Tolstoj in attesa del teorico dell' atavismo e del fautore della pena di morte: niente di più lontano dalle sue convinzioni sull' importanza dell' ambiente e della società nell' azione (anche criminale) degli uomini. L' autore di Guerra e pace intuì subito che sotto la lente dello scienziato italiano sarebbe stato osservato come una cavia. Lombroso si trovò di fronte un vegliardo tutt' altro che «cretinoso e degenerato», come aveva immaginato: lo scrittore aveva un aspetto militaresco, con la sua ampia blusa e i grossi stivali, più un robusto contadino che un fine intellettuale. Pronto a esibire un' agilità felina e una notevole forza fisica quasi si divertisse, con i suoi exploit, a mettere a disagio l' interlocutore: giocò per ore a «lawn tennis» con le due figlie, sellò e inforcò cavalli, si tuffò in un laghetto chiedendo al suo ospite di seguirlo e continuando a nuotare allegramente sembrava compiacersi dell' annaspare dell' altro. Quando Lombroso rischiò di annegare, Tolstoj lo afferrò «per i capelli e lo tirò fuori dall' acqua per poi rituffarlo nella piscina che si trovava lì vicino». Per giunta, a suo ulteriore scorno, l' ospite italiano fu sollevato in alto «a braccio teso», come fosse un cagnolino. Una vera umiliazione. Del resto, anche la moglie di Tolstoj, la contessa Sofija, sul suo diario avrebbe descritto Lombroso come «un vecchietto piccolo, molto malfermo sulle gambe, che nell' aspetto dimostra molto più dei suoi 62 anni». La discussione tra i due non decollò, e non solo per il pessimo francese dello scienziato. Rievocando quell' incontro, Lombroso, oltre a osservare la quantità impressionante di statue, busti e ritratti che raffiguravano lo scrittore in ogni angolo della sua «splendida dimora», notò come Tolstoj si irrigidisse, perdendo «alquanto della sua placidità» e difendendosi «con la gelosia di un avaro che sorveglia il proprio tesoro», quando lo scienziato italiano gli esponeva le sue opinioni. «L' austero studiolo del romanziere, ingombro di ferri da ciabattino» sembrava una cella di clausura, «senza il minimo ornamento», a parte i pochi libri «collocati nelle nicchie di questo rifugio»: alle domande di Lombroso sulle ragioni di tanta austerità, Tolstoj rispose che quell' antro serviva a evitare ogni rumore che potesse «disturbare il lavoro cerebrale». Un lavoro a cui dedicava quattro ore al giorno con l' assistenza fedele della moglie, cui spettava il compito di impedire a chiunque di violare la sacra soglia oltre a quello di trascrivere nottetempo (con l' aiuto delle figlie) «fino a dieci volte i diversi appunti abbozzati da Tolstoj durante il giorno su pezzetti di carta». A Lombroso quel tipo non piacque: l' anticonformista compiaciuto, il moralista paradossale e accanito vegetariano, il pater familias che pur essendo circondato da camerieri in livrea amava pulirsi da sé gli stivali e servirsi da solo a tavola (perché «non vi debbono essere né servi né padroni»), il vecchio signore travestito da contadino con baffoni e lunga barba. Durante il pranzo, poi, Tolstoj non mancò di esprimere «la sua nota antipatia contro i medici», che considerava una setta ripugnante, salvo poi accogliere di buon grado i consigli dello scienziato per curare la figlia Marija malata di tifo. Entrando nel vivo delle questioni teoriche, lo scienziato riscontrò la «totale impossibilità di parlare con lui, senza irritarlo, di alcuni argomenti», specie allorché provò ad avanzare le proprie convinzioni sui criminali di nascita e sulla pena come difesa sociale: «Si ergeva tra noi una barriera spirituale che ci impediva di comprenderci». E a un certo punto, aggrottando «i suoi terribili sopraccigli», Tolstoj esplose: «Tutto ciò è delirio! Ogni punizione è criminale!». Lombroso avvertì nel padrone di casa il sospetto che volesse «trovarlo matto», ma nonostante tutto partì da Jasnaja Poljana convinto della «sincera bontà racchiusa nel grande animo» dello scrittore, «al di là dell' iroso bagliore di malvagità dei suoi occhi durante la discussione». Tolstoj fu decisamente più severo, e il 27 agosto 1897 annotò sul suo diario: «È venuto Lombroso. Vecchietto ingenuo e limitato».