lunedì 2 agosto 2010




Repubblica 2.8.10

Vaticano, ancora al loro posto i sacerdoti delle notti hard
di Orazio La Rocca

CITTÀ DEL VATICANO È POSSIBILE per un sacerdote celebrare la Messa in chiesa, tenere omelie sulla Parola di Dio, svolgere delicate funzioni nei dicasteri ecclesiali e, di notte, parteciparea festini, avere rapporti omosessuali con partner fissi e occasionali? A Roma sembra proprio di sì. SUCCEDE, malgrado la scorsa settimana il cardinale vicario Agostino Vallini abbia lanciato un vibrante "anatema" contro quei preti che tradiscono il celibato sia con uomini che con donne, invitandoli «ad uscire allo scoperto, a farsi da parte e ad abbandonare la vita sacerdotale alla quale non dovevano essere consacrati». Vallini con quella nota aveva dato l' impressione di essere deciso a espellere dalla diocesi capitolina - la diocesi del Papa - tutti quei sacerdoti che non hanno comportamenti morali irreprensibili. Una presa di posizione arrivata sulla scia delle polemiche suscitate dall' inchiesta del settimanale Panorama sulla doppia vita di tre preti gay residenti a Roma, fotografati e filmati durante i loro incontri omosessuali clandestini (sia in locali per omosessuali che in abitazioni private), ma anche mentre celebrano la Messa. Uno scandalo a cui il Vicariato ha tentato di rimediare col richiamo di Vallini, pur puntualizzando, tra l' altro, in una nota che in fondo si tratta delle classiche tre mele marce in un corpo ecclesiale sano che solo a Roma conta oltre 3 mila consacrati tra preti, suore e religiosi, tanti dei quali impegnati ad aiutare poveri, emarginati ed immigrati. Ma Oltretevere e persino in Vicariato non tutti si sono entusiasmati all' altolà del porporato, giudicato «non eccessivamente incisivo e poco tempestivo», anche se sembra che il cardinale vicario prima di rendere noto l' intervento si sia consultato con il segretario di Stato Tarcisio Bertone, ricevendone un autorevole placet a diffondere il testo-richiamo, comprendente anche l' invito ai sacerdoti dalla doppia vita ad uscire allo scoperto spontaneamente e a farsi da parte per abbandonare la vita sacerdotale. Dubbi e perplessità emersi - per ironia della sorte - proprio intorno alla vicenda dei tre preti gay indicati nell' inchiesta solo con pseudonimi e per i quali il cardinale vicario si è spinto ad intervenire pubblicamente. I tre nei giorni scorsi, dopo una rapida e riservatissima inchiesta nei Sacri Palazzi romani, sono stati individuati con tanto di nomi, cognomi, nazionalità ed incarichi. Ma nessuna autorità ecclesiastica finora si è preoccupata di chiedere loro conto di quanto hanno ammesso sulle loro frequentazioni omosessuali. Si tratta di tre monsignori - un italiano, un francese ed un sudamericano - in servizio in due dicasteri vaticani e in Vicariato, dove svolgono delicate funzioni nel campo dell' amministrazione della giustizia, dei mass media e dei rapporti con le altre religioni. E come tutti i sacerdoti in servizio negli uffici vaticani, svolgono anche funzioni liturgiche nelle parrocchie romane. I tre preti gay, stando a quanto si è appreso, continuano a lavorare in Vaticano e in Vicariato, a celebrare la Messa quotidiana al mattino e, di notte, a frequentare i loro partner, senza incorrere in sanzioni. Una storia, per molti versi incomprensibile, che stride con quanto stabilito da Joseph Ratzinger, sia da cardinale che da pontefice, in materia di omosessualità, definendola in due documenti (nel 1991 quando era cardinale prefetto della Congregazione della dottrina della fede e nel 2005, subito dopo l' elezione papale) «peccato grave» e atteggiamento «immorale e contrario alla legge naturale». Una «tendenza» considerata da papa Ratzinger ostacolo insormontabile anche per l' accesso ai seminari. In Vaticano, però, si teme che malgrado gli interventi moralizzatori di Benedetto XVI e del suo cardinale vicario, tutto resti come prima. Come la storia dei tre preti gay sta a dimostrare.