venerdì 13 agosto 2010




Repubblica 13.8.10
Ricerche truccate e Harvard sospende l' uomo delle scimmie
di Nicholas Wade

L' origine della moralità sta creando grossi problemi a Marc Hauser, il noto studioso dell' università di Harvard autore di un libro sull' argomento e sospeso dopo un' inchiesta interna legata proprio alle sue ricerche. Hauser, che si è specializzato nello studio comparato della mente umana e di quella degli animali, è autore del noto libro Menti morali. Le origini naturali del bene e del male. Jeff Neal, portavoce di Harvard, all' inizio non ha confermato né che Hauser sia in aspettativa né che l' università ha condotto un' indagine. La segreteria telefonica del laboratorio del professore, però, fa sapere che lui sarà in aspettativa fino ad autunno. In un articolo pubblicato dalla rivista Cognition nel 2002, Hauser e altri autori sostenevano che le scimmie tamarino edipo fossero in grado di apprendere alcune regole, analogamente a come le apprendono i bambini. La rivista scientifica ora sta per pubblicare una rettifica specificando che un riesame interno del paper dell' Università «ha riscontrato che i dati non corroborano le scoperte vantate» e che pertanto, Cognition «ritratta quell' articolo». «Marc Hauser», prosegue la rettifica, «si assume la responsabilità dell' errore». Il silenzio di Harvard suscita preoccupazioni anche tra altri ricercatori nel campo che temono un discredito generalizzato finché i fatti non saranno stati chiariti. «A mio avviso, Harvard deve rendere pubblici i risultati della sua indagine», dice Herbert Terrace, professore di psicologia presso la Columbia University. «Stando all' Università, essa sta agendo così per proteggere se stessa e Hauser, ma non sarebbe meglio proteggere invece tutto quest' ambito di studio?». Hauser è uno degli studiosi di Harvard più noti,è citato frequentemente in altri articoli scientifici che trattano del linguaggio, delle capacità cognitive degli animali e delle basi biologiche della moralità. Nel suo campo è considerato un luminare. Nel suo libro del 2006, Menti morali, Hauser sosteneva che nella mente umana, a livello genetico, è presente una grammatica morale universale, analoga alla grammatica universale con la quale Noam Chomsky spiega il linguaggio. Hauser sta attualmente lavorando a un altro libro, Evilicious: Why We Evolved a Taste for Being Bad, che analizza come l' uomo abbia sviluppato una propensione alla malvagità. Il professore di Harvard è uno scrittore prolifico e persuasivo. Il suo errore in questa ricerca sembra riguardare gli esperimenti, molti dei quali basati su riprese di scimmie tamarino edipo dalla chioma bianca. Per un essere umano, tuttavia, è facile individuare nelle risposte degli animali, delle scimmie in questo caso, ciò che egli vuole vedere e di essere quindi tratto in inganno dagli animali. Terrace riferisce che è da un certo tempo che sono sorti dei problemi con il lavoro di Hauser: «Innanzitutto c' è stata un' interpretazione arbitraria delle riprese video per far sì corroborassero l' ipotesi. Il secondo problema riguarda la validità dei dati. Molti dei suoi lavori si basano su riprese video che ora devono essere nuovamentesottopostea valutazione per accertare la validità dei dati». A quanto riferisce un articolo pubblicato da The Boston Globe martedì, lo studioso Gordon G. Gallup Jr. della State University di New York ad Albany, che aveva chiesto a Hauser il materiale video nel quale, secondo il ricercatore di Harvard, i tamarini edipo dalla chioma bianca si riconoscevano in uno specchio, dopo averlo analizzato non aveva trovato prove di tale comportamento. Un altro dei paper che presenta dei problemi è quello pubblicato da Science magazine nel 2007 sulla capacità dei tamarini, dei macachi rhesus e degli scimpanzé di intuire le intenzioni delle persone. A giugno la redazione ha ricevuto a una lettera del coautore senior della ricerca. In essa, Justin Wood, dell' Università della California del Sud, scrive che, dopo che Harvard nel suo riesame dell' articolo non aveva trovato allegati né delle note sugli esperimenti sul campo né altri dati legati alla ricerca in merito alla parte sul macaco rhesus, lui e Hauser avevano ripetuto l' esperimento arrivando gli stessi risultati, mentre non c' erano stati problemi con i dati riguardanti i tamarini e gli scimpanzé. In autunno, quando si concluderà l' aspettativa, Hauser potrebbe riprendere in pieno la sua attività a Harvard, ma le nuvole che si sono addensate sui suoi esperimenti, tuttavia, non spariranno probabilmente finché non saranno state chiaritela naturae l' entità del problema. «Gli studenti non sono proprio soddisfatti di come Harvard sta gestendo la faccenda: hanno la sensazione che l' Università stia spazzando i problemi sotto il tappeto». ©The New York Times La Repubblica Traduzione di Guiomar Parada

l’Unità 13.8.10

Intervista a Giorgio Napolitano
«Rischi per la ripresa con la gelata elettorale»
Fini? «Cessi la campagna»
Il capo dello Stato e il ricorso alle urne: «Sarebbe bene che esponenti politici non dessero indicazioni sbrigative e strumentali senza averne alcun titolo»
di Marcella Ciarnielli

Bilancio di una breve vacanza. Fatto in una mattina di mezzo agosto all'ombra degli alberi del giardino di “Casa Matta”, la residenza di Pino e Adriana, gli amici che come negli anni scorsi hanno ospitato un caro amico “importante”, e non solo perché è il presidente della Repubblica, ma perché tale lo è da sempre. Se n’è appena andato il sindaco. Le isole hanno il grosso problema dei collegamenti. La vicenda Tirrenia sta andando come si sa. Giorgio Napolitano, al termine del suo soggiorno strombolano, solo otto giorni, nei quali il riposo si è inevitabilmente intrecciato con le notizie della calda estate della politica, parla volentieri del suo antico amore per l’isola ma anche dell’inquietudine che ha accompagnato la vacanza. Inquietudine e incertezza che avvolgono e rischiano di paralizzare un paese che sta vivendo una sia pur lieve ripresa «in un sempre critico quadro mondiale» e che potrebbe invece trovarsi a fare i conti «con la gelata delle elezioni». Presidente, dunque è già sulla via del ritorno?
«Ho trascorso otto giorni di riposo come si possono trascorrere qui a Stromboli, un luogo di straordinario incanto e distacco, sempre accogliente e discreto. Ma ciò non toglie che mi sia sentito e mi senta molto inquieto per le vicende politiche di queste due settimane e per le loro implicazioni istituzionali».
Il dialogo, il confronto costruttivo che lei ha sempre auspicato sembrano essere stati cancellati dal vocabolario della politica. Come sta vivendo questi momenti?
«Debbo innanzitutto rilevare come sia ancora una volta scattato un clima di polemiche e contrapposizioni esasperate sul piano politico e come si stia diffondendo in generale un senso di grave precarietà e incertezza per quel che può accadere sul piano della governabilità, della capacità di risposta delle istituzioni ai problemi del paese. Ci sono in Italia segni recenti, positivi e incoraggianti, di ripresa produttiva, di ritorno alla crescita pur se il quadro mondiale resta critico: occorre però consolidarli e rafforzarli e far fronte alle tante difficoltà e incognite che restano, farvi fronte con visioni politiche e azioni di governo adeguate e coerenti. Ma, chiedo, se invece si va verso un vuoto politico e verso un durissimo scontro elettorale quali possono essere le conseguenze per il paese?» Una domanda la sua che in troppi non sembrano porsi.
«Eppure è proprio di qui che dovrebbe partire la riflessione di tutte le forze politiche». Ma lo scontro aperto all’interno della maggioranza le sembra che tenga conto delle conseguenze?
«Certo, si è aperto un serio conflitto politico dentro la coalizione uscita vincitrice dalle elezioni del 2008 e quindi dentro la maggioranza di governo. Non posso, naturalmente, entrare nel merito di quel conflitto né esprimere valutazioni o previsioni circa la sua possibile composizione. Le mie responsabilità istituzionali entreranno in giuoco solo quando risultasse in Parlamento che la maggioranza si è dissolta e quindi si aprisse una crisi di governo. Compirò in tal caso tutti i passi che la Costituzione e la prassi ad essa ispiratasi chiaramente dettano. Sarebbe bene che esponenti politici di qualsiasi parte non dessero indicazioni in proposito senza averne titolo e in modo sbrigativo e strumentale».
Un altro esercizio di questi giorni è l’attacco al presidente della Camera... «Ho sempre ritenuto che nessun contrasto politico debba investire impropriamente la vita delle istituzioni. Perciò è ora che cessi una campagna gravemente destabilizzante sul piano istituzionale qual è quella volta a delegittimare il Presidente di un ramo del Parlamento e la stessa funzione essenziale che egli è chiamato ad assolvere per la continuità dell’attività legislativa». Presidente nel giorno in cui lei fa ritorno a Roma qual è l’invito che vuole rivolgere ai tanti protagonisti di una
stagione conflittuale che sembrano intenzionati a continuare in questa dannosa contrapposizione? «Questo è il momento di abbassare i toni, di compiere uno sforzo di responsabile ponderazione tra le esigenze della chiarezza politica e quelle della continuità della vita istituzionale, guardando al paese che ha bisogno di risposte ai propri problemi anziché di rese di conti e di annunci minacciosi nell’arena politica cui non consegua alcuna prospettiva generatrice di fiducia».

Repubblica 13.8.10
"Comunione ai bambini prima dei sette anni"
Il Vaticano: crescono in un ambiente avverso, giusto anticipare i tempi
di Orazio La Rocca

La proposta lanciata dal cardinale Canizares sull´Osservatore romano

CITTÀ DEL VATICANO - Abbassare l´età di ammissione alla prima comunione. In Vaticano ci stanno pensando. La proposta è partita dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Obiettivo: anticipare i tempi rispetto all´attuale limite dei sette anni. A buttare giù l´idea, nero su bianco, è stato il cardinale prefetto Antonio Canizares Llovera sull´Osservatore Romano, il quotidiano della Santa sede, in occasione del centenario del Catechismo di Pio X.
L´ultimo Papa santo è stato l´autore del testo su cui, nel secolo scorso, si sono preparate generazioni di bambini costretti ad imparare a memoria una lunga serie di quesiti, sotto forma di domande e risposte. Del tipo: «Chi ci ha creato? Ci ha creato Dio». Frasi semplici contenute in una sorta di sintetico vocabolario cristiano dal titolo "Catechismo Essenziale della Chiesa Cattolica", promulgato l´8 agosto 1910 da san Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto), tanto caro non a caso, alle aree ecclesiali più tradizionaliste. Fu lui stabilire per la prima volta una regola sul sacramento della comunione, accessibile ai bambini a partire dai sette anni di età.
Ed è proprio questo limite che ora il cardinale prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti intende abbassare. Una proposta destinata a dividere catechisti, liturgisti e, soprattutto, teologi, gran parte dei quali favorevoli, invece, ad alzare l´età della prima comunione per permettere ai ragazzi di avere una formazione cristiana più matura ed una più consapevole scelta sacramentale.
Il cardinale scrive chiaramente di non essere d´accordo con chi pensa di ripristinare i livelli di ammissione precedenti alla riforma di cento anni fa. Il centenario del Catechismo di Pio X, sostiene Canizares Llovera, «è un´occasione provvidenziale per ricordare ed insistere di prendere la prima comunione quando i bambini abbiano l´età dell´uso della ragione che oggi sembra addirittura essersi anticipata. Non è dunque raccomandabile la prassi che si sta introducendo sempre più di elevare l´età della prima comunione». Al contrario, sottolinea il cardinale prefetto, «è ancora più necessario anticiparla. Di fronte a quanto sta accadendo con i bambini e all´ambiente così avverso in cui crescono, non priviamoli del dono di Dio...».
Un modo, questo, per suonare la carica nella Chiesa - in primo luogo ai catechisti - per far fronte al processo di scristianizzazione della società partendo dall´educazione e dalla formazione alla fede dei più piccoli, considerati dagli attuali riformatori pontifici molto più maturi e preparati rispetto ai bambini del secolo passato.
Canizares Llovera non fa nomi, ma appare chiaro che si rivolge a quei vescovi che già da qualche tempo chiedono che la prima ammissione all´ostia consacrata sia permessa ai ragazzi delle medie. Come, ad esempio, si sta pensando di fare in Lombardia dove diverse diocesi puntano a programmare una celebrazione di iniziazione cristiana che comprende confessione, prima comunione e cresima nella stessa giornata, ma aperta a ragazzi più maturi, non certamente di 7 anni. Prospettiva a cui non sembrano insensibili anche i vescovi del Triveneto e di altre importanti regioni ecclesiastiche, in Italia e all´estero.

Corriere della Sera 13.8.10
Vendola: governo tecnico a due condizioni
«Brinderei a una maggioranza su legge elettorale e conflitto di interessi»
intervista di Daria Gorodiski

Su Fini Sarebbe la guida perfetta di una destra che in Italia ancora non c’è: realmente liberaldemocratica, europea, alla de Gaulle, alla Chirac... E sarebbe anche l’antagonista ideale della sinistra

ROMA — Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia e leader di Sinistra ecologia e libertà, recentemente sull’ipotesi governo di transizione o elezioni subito si era dichiarato favorevole alla seconda ipotesi. Resta di questo parere?

«Penso che sia assolutamente necessario seppellire il cadavere della Seconda repubblica. Oggi il giudizio seccamente negativo su questo quindicennio è abbastanza generalizzato. C’è il rischio di celebrare i 150 anni di unità nazionale in piena secessione camuffata, il Paese dal punto di vista morale è allo sbando molto più che ai tempi di Tangentopoli e l’attuale condizione sociale fa dell’Italia di oggi un Paese più simile all’America latina di tanti anni fa che non all’Europa».

Questa la sua diagnosi. Ma la cura?

«L’Italia è in pieno dissolvimento: la prima necessità è condividere la diagnosi, sapere che la malattia è incurabile e che non sono possibili riti di riesumazione. Bisogna invece avviare una grande mobilitazione democratica».

Ma, di nuovo, qual è lo strumento: governo di transizione, o elezioni subito?

«Io sono fuori dal Parlamento, è materia che attiene alla responsabilità delle principali forze politiche. Ovviamente, però, se le Camere riusciranno a trovare una maggioranza per varare la riforma elettorale e magari una normativa decente sul conflitto di interesse, non potrei che brindare a questa prospettiva».

E Fini? Cioè Alleanza nazionale, ex Msi?

«Oggi è un grande protagonista della vita politica italiana. Sarebbe la guida perfetta di una destra che in Italia ancora non c’è: realmente liberaldemocratica, europea, alla de Gaulle, alla Chirac... E sarebbe anche l’antagonista ideale della sinistra».

Appoggerebbe alla guida di un esecutivo tecnico i nomi che si sono fatti più o meno esplicitamente in questi giorni? Tremonti, Pisanu, qualcuno indica Montezemolo mentre altri sussurrano Draghi…

«Guardo con brivido e raccapriccio l’idea di un governo tecnico con il volto e il sigillo ideologico di Tremonti, il ministro della manovra da macelleria sociale. Ritengo il liberismo tremontiano una delle più gravi disgrazie capitate all’Italia. Mi ribellerei».

Per le più o meno vicine prossime elezioni, lei si è autocandidato a guidare per il centrosinistra la corsa verso Palazzo Chigi. Ci sono già diversi concorrenti: Bersani, Chiamparino, Bonino. Ora si autopropone anche de Magistris, dell’Idv; e, forse anche per «pescare» dal suo stesso bacino elettorale, indica lei e gli altri come «non nuovi».

«Non credo stia a noi decidere cosa è vecchio e cosa è nuovo. Forse io appartengo al vecchio e Marchionne al nuovo: e allora, de Magistris con chi si schiera?».

Il suo nome ha ricevuto molti stop dai vertici del Pd. Crede ancora nelle primarie?

«Qualche generale e tanti caporali hanno paura di far pronunciare i propri uomini. Dico alla mia potenziale coalizione che abbiamo bisogno di costruire una relazione con il popolo attraverso una partecipazione democratica. Gli stati maggiori si decidano a perdere potere con le primarie, che non sono una civetteria, ma benzina per il centrosinistra. So che il popolo democratico è la più grande risorsa che il Paese abbia per il proprio futuro: chi, nel Pd, ha paura di questo popolo?».

Non vede un rischio di aspra rissosità e conseguente frammentazione?

«Vedo una bella competizione sulle idee e sui programmi. Altrimenti, il solo rischio che esiste è la militarizzazione del dibattito. La gente ha bisogno di riprendersi la parola sul merito delle questioni concrete. Basta con il confronto astratto tra riformismo e radicalismo, dove è sufficiente dichiarare a quale delle due aree si appartiene senza neppure sapere nulla dei problemi veri: una noia mortale. Bisogna costruire. Siamo di fronte a una crisi molto profonda, non solo del sistema politico e non si può rispondere replicando copioni basati sulle rendite di posizione».

Che tipo di coalizione immagina?

«La più ampia possibile. Ma non si può riprodurre quella specie di dilatazione del cartello di forze politiche e cespugli che già una volta non fu in grado di dare risposte alla domanda di cambiamento; perché c’era ambiguità sul programma. Per essere credibile e vincente, un’alternativa di governo deve avere in sé la fuoriuscita dalla cultura

politica berlusconiana, da quell’idea di società, dalle pulsioni repressive e di oltranzismo padronale; e non può rinunciare a esibire il primato dei diritti di libertà, sociali e umani. Insomma, alleanze larghe sulle ragioni della sinistra».

Eppure, almeno in una logica bipolare si invoca la conquista del centro per vincere. Con la marginalizzazione della sinistra, politica e sindacale. Inoltre, anche nella sinistra-sinistra ci sono divisioni…

«La sinistra non è un cespuglio o una bandierina. Il centrosinistra dovrebbe avere il coraggio di accorgersi che c’è un popolo con noi. In Puglia ho vinto contro il centrodestra conquistando un largo consenso moderato e anche di destra perché ho parlato di una sinistra nuova e incarnato il principio della speranza. Sinistra è discutere del rapporto libertà/lavoro, o conoscenza/libertà: interessa ancora o no?».

Corriere della Sera 13.8.10
L’appello dal Sahara «Aiutateci a salvare i manoscritti del deserto»
Nelle biblioteche private dove si conserva il sapere musulmano
di Nuccio Ordine

«Abbiamo chiesto all’Italia di proseguire lo sforzo per salvaguardare le straordinarie biblioteche del Sahara e continuare a restaurare i manoscritti in collaborazione con l’Istituto di ricerca scientifica del nostro Paese». La dichiarazione al «Corriere della Sera» della signora Cissé Mint Cheikh Boide, ministro della Cultura della Mauritania, suona come un appello. Il prossimo anno Nouakchott, capitale della cultura islamica, organizzerà mostre anche per raccogliere fondi da destinare al progetto di conservazione di un patrimonio straordinario. Quello degli «uomini dei libri».
Chinguetti è oggi un villaggio nel deserto di poche migliaia di abitanti in cui 14 famiglie custodiscono gelosamente quasi 4.000 manoscritti in arabo, parte di un patrimonio immenso

Le tribù degli «uomini dei libri», le «zaouïas», sono confraternite musulmane molto antiche della Mauritania. Vivono nel deserto del Sahara e del Sahel, in piccole oasi tra ruderi e rovine, senza luce né fogne, in modeste costruzioni di pietra e sabbia, prive di acqua. Fiere però delle loro preziose biblioteche, tantissime famiglie per difendere i manoscritti ereditati combattono da secoli contro i furti, le minacce naturali (inondazioni, polvere, sabbia, vento), la voracità di termiti e topi. Proprio attorno a questi antichi codici si è costruita nel tempo l’identità delle varie comunità che avevano fatto del nomadismo la loro principale attività di sopravvivenza.

Se si sfida il deserto per arrivare a Chinguetti, nel nord della Mauritania, si scopre un villaggio di circa 2.500 abitanti in cui ben 14 famiglie custodiscono gelosamente quasi 4.000 manoscritti in arabo. O se ci si avventura in altri piccoli centri del recente Stato subsahariano, da Ouadane a Oualata passando per Tichitt, è possibile imbattersi in almeno 35 mila codici conservati in circa 300 biblioteche private.

E uno stupore ancora maggiore si proverebbe a visitare nel Mali la mitica Timbuctu, la porta del deserto da cui partivano le carovane provenienti da Oriente per raggiungere il Marocco e la Spagna. Qui, secondo le stime che ci fornisce il bibliotecario Abdel Kader Aïdara, i manoscritti potrebbero raggiungere le 47.200 unità e la cifra record di quasi 80 mila, calcolando anche il patrimonio di altre picco-

A Timbuctu — nel momento di massimo splendore quando la madrasa di Sankoré attirava quasi 25 mila studenti — l’erudito Ahmed Baba (1556-1627) riesce a creare una biblioteca di circa 1.600 volumi, la cui fama oggi è ricordata da un centro studi dotato di quasi 21 mila codici. Mentre a Chinguetti, Sidi Mohamed Ould Habott el-Kebir compie nel XVIII secolo un viaggio di un anno verso la Mecca, comprando e facendo copiare tantissimi preziosi manoscritti, di cui circa 1.400 sono custoditi nella Fondazione che porta il suo nome (l’editore Nottetempo ha pubblicato il catalogo nel 2006).

Purtroppo oggi nessuno è più in grado di ricordare a memoria, pagina per pagina, tutti i manoscritti in suo possesso. L’ultimo esempio di biblioteca vivente pare sia stato Mena Hamony, morto cieco a Chinguetti una ventina di anni fa, le cui doti straordinarie richiamano alla mente alcuni personaggi dei racconti di Borges. L’attaccamento ai codici è talmente forte da diventare paradossalmente un ostacolo per la loro salvaguardia. Custodire i manoscritti in miseri locali poco idonei, esposti a furti e intemperie, aumenta i rischi di una inevitabile e lenta distruzione. Le famiglie però resistono alle proposte governative e dell’Unesco che vorrebbero trasferire altrove in una grande biblioteca questo immenso patrimonio. Forse bisognerebbe trovare una soluzione che non espropri le oasi dei suoi preziosi beni, che crei nei siti stessi dei centri di restauro e conservazione. Senza quei manoscritti gli «uomini dei libri» perderebbero la loro vera ricchezza e gli stessi luoghi, come Chinguetti o Timbuctu, finirebbero per essere un altro deserto. Un primo fruttuoso esperimento è venuto dall’Italia. Il Centro di catalogazione e restauro della Regione Friuli Venezia Giulia ha creato, con la Farnesina, quattro laboratori attrezzati nelle oasi più importanti della Mauritania e uno nella capitale, dove adesso lavorano i 12 giovani specialisti africani che hanno seguito un corso nella Villa Manin di Passariano. Per questo progetto, di cui sul «Corriere» ha scritto anche Michele Farina, il Centro di restauro riceverà un premio il prossimo 25 settembre a Sassocorvaro.

Salvare i manoscritti nel Sahara e nel Sahel significa soprattutto conservare la memoria. Una battaglia contro la desertificazione dello spirito che anche alcune istituzioni europee combattono, guardando con grande interesse alle biblioteche del deserto: qui gli «uomini dei libri» ci ricordano che il sapere è l’unico bene che arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo offre. Non a caso l’Agence universitaire de la francophonie e l’Istituto italiano per gli studi filosofici hanno assegnato borse di studio a studiosi maliani per schedare i manoscritti di Timbuctu. Tra le decine di migliaia di codici non ancora catalogati forse potrà venir fuori in traduzione araba qualche prezioso testo della cultura occidentale a noi ancora sconosciuto. le comunità ormai radicate all’interno del deserto o nella provincia di Gao, lungo le rive del fiume Niger (ma l’Istituto nazionale di scienze applicate di Lione ipotizza addirittura la presenza di quasi 180 mila manoscritti).

Fenomeno straordinario questo delle biblioteche del deserto. Tanto da spingere l’Unesco a dichiarare i siti patrimonio dell’umanità e l’Italia a partecipare a un progetto di recupero. In un contesto dominato soprattutto dall’oralità, i codici rappresentano la memoria scritta di una civiltà. Nel cuore dei grandi incroci carovanieri, Timbuctu e Chinguetti hanno occupato un posto centrale non solo nello scambio delle merci ma soprattutto nel commercio dei manoscritti. A dorso di cammello, assieme a spezie e tessuti, viaggiavano biblioteche ambulanti, ricche di trascrizioni del Corano e di pregiate opere di astronomia, medicina, grammatica, botanica, matematica, geometria, occultismo, ottica, filosofia. Così tra XVI e XVIII secolo, eruditi e ulama (dottori di teologia e diritto) danno vita alle grandi raccolte private.