sabato 24 luglio 2010




l’Unità 24.7.10

Conversando con Vladimir Luxuria, artista e attivista diritti Lgtb
«Io sono sempre di sinistra ...ma la sinistra, quella esiste ancora?»
di Toni Jop

Vista l’altra sera, all’ingresso della festa romana di Sinistra e Libertà. Dopo tanto. Chiesto a bruciapelo: ma allora è vero che ti sei trasferita a destra? «Ma basta con questa storia. Ti sembra davvero, conoscendomi, che potrei mai essere di destra?». Campane a festa ma ce la tenevamo dentro da mesi. Da quando ci era arrivata l’eco di una intervista al Corriere dalla quale sembrava evidente l’avvenuto salto della quaglia di un nostro eccellente collaboratore che si chiamava Vladimir Luxuria. Pareva passato armi e bagagli al berlusconismo, addirittura sul punto di entrare nelle liste regionali armate da quel fronte politico. Succede, non è vero? E pazienza, ciascuno ha la sua strada. Però, ci soffrivo perché «Vladi» lo avevo voluto io molti anni fa come commentatore nelle pagine di cronaca nazionale dell’Unità che allora dirigevo. Ricordo come andò quando annunciai la sua prima firma nella riunione del mattino: quel nome gridava vendetta, pochi lo conoscevano fuori dalla realtà romana; non aveva, credo, mai scritto su testate nazionali ma era e resta un\una raffinata intellettuale che allora dirigeva il circolo di cultura omosessuale Mario Mieli. Mi guardarono come fossi matto ma cedettero senza troppo soffrire, perché l’Unità è l’Unità ed è in grado di ospitare settanta chili di una Luxuria liberatrice senza farsi travolgere da pudori verginelli. Allora, Vladi, se è così, parliamone, va? «Sì, va». Eccovela, con la speranza che vi addolcisca il cuore, lo so che soffrivate...
Vladi, ma ti par maniera? Eppure lo sai che sei un personaggio pubblico e che quel che fai e dici ha il suo rumore. Quindi, vogliamo dare un dispiacere a La Russa che pareva entusiasta di te?
«Ma insomma, diciamo che sono rimasta in mezzo a un pacco ben confezionato, per il quale avevo, è vero, offerto io il pretesto. Poi ho provato a spiegare sul mio blog, smentire sui giornali è cosa difficile, laboriosa, un po’ sono stata giocata, un po’ no...».
A me non la racconti, sei tosta come pochi, o poche e, per stima sincera, so che non ti fai manipolare se non ti garba...
«Grazie. Adesso che mi rimproveri con un complimento, devo ammetterlo: altra gente mi ha chiesto “ma è vero che sei diventata di destra?”. Quasi non ci credevo, forse non ho percezione esatta dell’effetto delle cose che mi riguardano sull’opinione pubblica...».
Ecco, mettiamola così, racconta...
«Vuoi sapere di La Russa?»
Yes, niente di intimo, prego...
«Spiritoso, ma siccome devo anche a te se mi sono affacciata sul fronte della grande comunicazione, ecco che racconto. Era in atto un ennesimo attacco discriminatorio nei confronti degli omosessuali nelle Forze Armate.
Solita frattaglia di pregiudizi secondo i quali i gay sarebbero fragili, molli, effemminati, anche se la stragrande maggioranza degli omosessuali esce da questa stereotipia. E qui entra in gioco La Russa che si smarca a sorpresa e bolla l’attacco: discriminazioni senza senso, sbagliate insomma. Nella trasmissione di Sposini faccio i complimenti al ministro perché ha detto bene e perché io sono libera di dire quello che voglio. Sposini chiede a La Russa se avrebbe avuto problemi a candidarmi nelle liste del Pdl e lui risponde che Luxuria “ha lavorato meglio e di più di molti candidati del Pdl”. Sempre Sposini ma sei sicuro che interessi tutto questo? mi chiede se mi sento di escludere che il Pdl possa candidarmi e io rispondo che non escludo niente, ma nel senso che loro potevano fare quello che volevano, non che io ero disposta ad accettare le loro offerte, tanto è vero che qualcuno ci ha provato ma che io sono rimasta fuori per scelta mia. Non bastasse dalla destra in generale, ma da questa destra terribile, neanche a pensarla...».
Il cielo ti illumini di immenso, Vladi, sei ancora di sinistra... «Sì, sì, di sinistra sempre e comunque. Ma che ci sia la sinistra chi me lo garantisce?» Tu, bella gioia, le teste come la tua...
«Lascia stare, sto parlando di rappresentanze e di istituzioni, non vedo brillare granché. Per esempio, mi piace Vendola e lo stimo, è una risorsa per la sinistra ma perché nel programma della festa non c’è una inizia-
tiva sui diritti e sulla uguaglianza, sulle unioni omosessuali? Invece, devo ammettere che alla Festa dell’Unità di Roma questi temi ci sono, sono affrontati, fanno parte del fronte culturale e politico. Nonostante il nulla dei governi Prodi in questa direzione...».
Frena, Vladi: hai un bel coraggio, di quei governi si ricorda soprattutto il dibattito bellicoso sui Dico, ci sono morti su questi temi e tu dici che è niente?
«Parlo di risultati. Poi, è colpa mia se almeno a parole La Russa mostra più comprensione di Mastella sul tema? Io devo stare attenta, non mi interessa vincere le elezioni, mi interessa che i principi di uguaglianza convincano chi sulla carta non dovrebbe essere disponibile. Come la Carfagna: ha fatto o no autocritica sul modo di intendere le questioni legate alla omosessualità? Queste cose per me contano...».
D’accordo, allora perché non pretendi i Dico da questa sensibile destra sulla via di Damasco?
«Sempre spiritoso. Ma te lo ricordi Rutelli che faceva lo scendiletto di Ruini? E la Binetti? E, ci torno, Mastella? Hanno fatto il loro lavoro, hanno demolito il governo di sinistra, hanno sfondato la sinistra e si son tolti di mezzo a lavoro finito. Missione compiuta. E Casini? Davvero speriamo di poter fare qualcosa con lui che vada nel senso del progetto di liberazione dell’umanità? E D’Alema? Gli ho sentito dire cose impronunciabili, secondo me, a sinistra su questi argomenti, altro che Udeur. Vedi, se son riuscita a riallacciare rapporti con mio padre, puoi scommettere che sono pronta a cercare, accettare e apprezzare spostamenti del pensiero anche in chi è molto distante da me sul piano culturale e politico, questo è il mio fronte e ti garantisco che è un fronte di sinistra».
Non fa un grinza, resta il fatto che a parole quei signori sono pronti a qualsiasi cosa pur di intercettare al volo qualche consenso, sono i peggiori studenti della terza “C” europea e fuori dall’Italia lo sanno meglio che da noi... «Vero, ma questa è la materia. Serve che ti ricordi come si è spostato il vecchio e bravo Pci dai tempi della condanna per indegnità morale a Pasolini?»
No, non serve, peccato che tu stia parlando di sessantuno anni fa... «Bando ai ricordi e largo al presente: il sindaco di Fano, Pdl, mi ha cassato uno spettacolo firmato da Patroni Griffi perché turba secondo lui la sensibilità degli abbonati. Italia, Italia...»

l’Unità 24.8.10
Il vuoto delle religioni
di Moni Ovadia

I tempi di crisi, a senso di logica, dovrebbero sollecitare pensieri e riflessioni che consentano agli esseri umani di proiettarsi al di là dei semplici aspetti materiali dell'esistenza per interrogarsi sul senso profondo della vita. La religione dovrebbe essere l'ambito ideale per siffatte interrogazioni ma non è così. La questione sia chiaro non è tanto quella dello scandalo pedofilia che ha di recente travolto la Chiesa cattolica, nè quella di rabbini dei partiti religiosi dello schieramento politico israeliano che tengono in scacco la democrazia dello stato ebraico con la scusa della religione dietro alla quale si mascherano biechi interessi di potere. E neppure l'islamismo politico con le sue derive terroriste è il vero punctum dolens. Il vero problema è che le istituzioni religiose non hanno saputo cogliere le preziose opportunità offerte dal formarsi di società democratiche e aperte per farsi maestre di una spiritualità laica fondata sull'etica del primato della coscienza, della libertà, dell'uguaglianza ̆ della giustizia sociale, dell'amore. Hanno continuato a baloccarsi col potere per garantirsi le solite rendite di posizione, o si sono accaniti con furori normativi sui i presunti fondamenti naturali della sessualità, non solo manifestamente falsi ma persino ridicoli, hanno preteso di confinare la famiglia entro schemi storicamente frusti, la famiglia, una struttura sociale in evoluzione e in particolare negli ultimi lustri in impetuosa evoluzione. Da tempo non esiste un solo paradigma di famiglia ma molti modelli di famiglie. Le istituzioni religiose si ostinano a pretendere il potere della verità assoluta su l'origine della vita, sul senso ultimo della morte e solo a parole accettano il confronto laico delle opinioni sui grandi temi della bioetica. Ossessionate dal monopolio della verità, le religioni hanno abbandonato l'uomo al culto di Mamona.

Repubblica 24.7.10
Vendola a Bersani: manca l' opposizione

ROMA - Su Vendola e la sua candidatura alla premiership del centrosinistra è sempre polemica. Il leader di "Sinistra ecologia e libertà" e governatore della Puglia replica al segretario del Pd, Bersani che aveva definito «fuori contesto» l' autocandidatura: «Fuori contesto è la mancanza di opposizione del centrosinistra. La sinistra che rischia di essere un reperto archeologico; deve guardarsi allo specchio e fare un bagno nella verità, per costruire un passaggio d' epoca che si annuncia straordinario». Contrattacca Bersani: «Io non temo Vendola, è un problema di tempi e di modi: le primarie le abbiamo inventate noi. Ma la palla dei problemi è ora nell' altro campo». Sempre Vendola a proposito dell' irritazione di Bersani e invece dell' invito di Veltroni al seminario di Bertinoro: «Non sono impegnato nella costruzione di correnti e trame nei palazzi del centrosinistra».

Repubblica 24.7.10
Immigrati, la Toscana batte il governo Sanità gratis anche ai clandestini
di Michele Bocci

FIRENZE - Berlusconi lo annunciò in tv da Vespa: il Governo farà ricorso contro la legge toscana sull' immigrazione. Era il 3 giugno e il testo che prevede uguali diritti per immigrati regolari e cittadini italiani oltre all' assistenza sociale e sanitaria urgente e indifferibile per i clandestini stava per essere approvato dal consiglio regionale. Poco più di un anno dopo la Corte Costituzionale boccia su tutta la linea la presa di posizione dell' esecutivo, dichiarando inammissibile e non fondato il ricorso. «La nostra è una legge all' avanguardia esulta il presidente toscano Enrico Rossi - La sentenza è una vittoria della ragione e della civiltà, giustizia è fatta». Attorno al testo, fortemente voluto dall' allora governatore Claudio Martini, si sono consumati violenti scontri tra centrodestra e centrosinistra in Toscana e non solo, con prese di posizione a tutti i livelli politici e istituzionali. La parte più criticata è quella che assicura trattamento sanitario e in certi casi sociale dei clandestini. «Cureremo e soccorreremo tutti gli stranieri spiegano dalla Regione - anche se privi del permesso di soggiorno». Per gli irregolari sono previsti anche, in caso di estrema gravità e di emergenza, l' accesso a dormitori e mense in via temporanea: «Non garantiamo diritti aggiuntivi, ma quelli previsti, e troppo spesso disattesi, dalle Convenzionie dai principi del diritto internazionale e dalla nostra Costituzione». Il tutto, viene assicurato, senza maggior costi per i cittadini. Nella legge si parla molto di immigrati regolari, dei loro diritti in fatto di accesso ai servizi come asili nido e alloggi di edilizia pubblica. Si vogliono promuovere tra l' altro lo sviluppo di associazioni di stranieri, l' avvio di attività di formazione professionale degli immigrati e la creazione di una rete regionale di sportelli informativi. Mentre un pezzo del Pdl toscano minaccia una legge di iniziativa popolare per contrastare il testo su cui si è espressa la Consulta, la Lega attacca: «Non sarà certo la sentenza della Corte Costituzionale a legittimare una norma ingiusta e razzista verso i cittadini toscani. Questa legge è vergognosa». Incassata la vittoria, il governatore Rossi rilancia, vuole il voto per gli immigrati regolari. «Il Governo farebbe bene, anziché ricorrere su una legge così saldamente ancorata ai diritti costituzionali, ad operarsi per garantire i diritti di cittadinanza e i diritti politici degli immigrati. Non è possibile che chi nasce nel nostro paese debba aspettare 18 anni prima di iniziare la procedura per diventare italiano, non è possibile che all' immigrato residente da tanti anni qui, che lavora regolarmente, non sia garantito anche l' esercizio del diritto politico di voto, in particolare a quello amministrativo. Sul primo punto ci auguriamo che il Parlamento approvi quanto prima un disegno di legge perché i figli di immigrati nati da noi, un quinto di tutti i nostri bambini, possano sentirsi presto fratelli d' Italia, cittadini a pieno titolo del nostro paese. Sul secondo punto promuoveremo un disegno di legge regionale che consenta intanto la partecipazione al voto amministrativo a chi è regolare».

il Fatto 24.7.10
Servizi uguali per tutti La Consulta dà ragione agli immigrati
Bocciato il ricorso del governo

C’è voluta la Corte costituzionale per sancire il primato della persona stabilendo una volta per tutte la legittimità costituzionale di una normativa basata su principi di eguaglianza e di pari opportunità tra italiani e stranieri. Siamo in Toscana, la Regione che ieri ha affondato un duro colpo al governo rispetto alla legge che disciplina l'accoglienza e l'integrazione degli stranieri. Inammissibile e infondato, dunque, il ricorso presentato dall'attuale governo. Così, la Corte ha rigettato tutte le pretese stabilendo come “la norma regionale in esame non determini alcuna lesione delle competenze legislative statali” e che “lo straniero è titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona” e in particolare, con riferimento al diritto fondamentale all’assistenza sanitaria. Esiste quindi “un nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto”. Inoltre, quest’ultimo deve essere riconosciuto anche agli stranieri, qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato. “È una vittoria della ragione e della civiltà” è stato il commento di Enrico Rossi presidente della Regione Toscana che insieme all' assessore al Welfare Salvatore Allocca parla di una normativa basata su principi di eguaglianza e di pari opportunità che ha l'obiettivo dichiarato di “rafforzare sul nostro territorio la coesione sociale e la solidarietà tra i cittadini, qualunque sia la loro provenienza”.
Il dibattito politico si era infiammato all'indomani (9 giugno 2009) dell' avvenuta approvazione in Consiglio regionale della Toscana. Dopo poche settimane, a fine luglio dello stesso anno, la legge era stata impugnata dallo stesso presidente del Consiglio per una presunta illegittimità costituzionale dell’articolo 2 (commi 2 e 4) e dell’articolo 6. Il governo sosteneva che la norma regionale contrastava la disciplina dei flussi migratori di competenza esclusiva del
legislatore statale e con i principi costituzionali in tema di “diritto di asilo”. Regione Toscana veniva anche attaccata rispetto all' offerta di “servizi socio-assistenziali urgenti ed indifferibili, necessari per garantire il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti ad ogni persona in base alla Costituzione ed alle norme internazionali” e sull'istituzione di “una rete regionale di sportelli informativi” utile a semplificare i rapporti tra i cittadini stranieri e la pubblica amministrazione.
Il primato della persona quindi rispetto allo “status” di straniero o di migrante che arriva in Italia e che secondo dati Irpet in termini di contributi alle casse dell’Inps versati equivale a 5 miliardi di euro l’anno. I lavoratori stranieri contribuiscono per circa il 4 per cento alle entrate fiscali, mentre assorbono circa il 2,5 per cento delle spese per i servizi primari quali istruzione, pensioni, servizi sanitari e misure di sostegno al reddito (stime fatte dalla Banca d’Italia). In Toscana gli immigrati versano nelle casse pubbliche 915 milioni di euro (372 milioni invece è la spesa per servizi sociali di cui beneficiano). Detto questo rimane l'intenzione di scoraggiare la permanenza in Italia dei cittadini di altra nazionalità. Nel profondo Nord non c'è giorno che passi senza delibere comunali definite “discriminatorie” da tribunali del lavoro. Peraltro uno dei primi segnali , da parte invece del governo centrale, era stato il decreto anticrisi, convertito nella legge 2/2009, che nell'articolo 19 prevedeva una sorta di “sostegno prima infanzia”: vennero stanziati 2 milioni di euro per rimborsare ai più bisognosi per “le spese occorrenti per l’acquisto di latte artificiale e pannolini per i neonati di età fino a tre mesi”. Le modalità dovevano essere stabilite da un decreto dei ministeri del Welfare e dell’Economia ma l'unica certezza era che ne rimanevano esclusi i neo-genitori non italiani. Questa sembra essere l'estate dei “diritti ritrovati”: il giorno precedente alla sentenza di Firenze c'era stata quella di Brescia che condannava i fondi affitto solo per comunitari. Prima ancora la presa di posizione dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del ministero per le Pari opportunità contro la delibera comunale di Milano che escludeva gli stranieri, senza carta di soggiorno, dal sussidio per gli anziani indigenti. Prima ancora il giudizio del tribunale di Udine sulla legge regionale che prevede un requisito di anzianità di residenza ai fini dell'accesso ad una prestazione sociale del sostegno alla natalità. In quella occasione era stato accolto il ricorso presentato da Asgi, Cgil, Cisl e Uil contro la disposizione di legge regionale che prevede il requisito di dieci anni di residenza in Italia ai fini dell'accesso ad un bonus.

Repubblica 24.7.10
Veronesi al Pd: Io sto con il nucleare, pronto a dimettermi
di Dario Cresto-Dina

UMBERTO Veronesi non fa come i samurai che prendevano ogni decisione nello spazio di sette respiri, ma nel suo cuore tra il Pd e la presidenza dell' agenzia per il nucleare offertagli dal governo in questo momento una scelta c' è. Dirà di sì al ministro Prestigiacomo se la nomina non sarà una finzione per pescare nel campo del nemico. Dirà di sì perché non ha mai amato che siano altri a suggerirgli ciò che deve fare. Professore, e così siamo arrivati al passo d' addio con il Pd? «Parola sbagliata, sbagliatissima. Io non sono iscritto al partito. Il colloquio con Bersaniè stato piacevole, tra due persone che hanno identica coscienza politica. Un confronto basato sulla stima reciproca. Luiè stato chiaro, io spero di esserlo stato altrettanto. No, guardi, la parola addio proprio non sta in piedi». Eppure qualcuno in Senato solleva un sussurro che è un grido: "Tradimento". «Non credo. Sul mio impegno fui chiaro già con Veltroni nel 2008. Non parteciperò attivamente all' attività di partito, gli dissi. Glielo ripeto a lei: non avendo la tessera del Pd, non mi sento di dare un contributo importante alle decisioni politiche. La mia passione è occuparmi della salute e dei problemi etici e sociali connessi alla scienza. Credo di essere stato eletto a Milano per questo. O mi sono sbagliato?». Mettiamola così. Lei dice sì e si becca del voltagabbana da chi l' ha votato. Il primo pensiero di una persona normale è che il professor Veronesi è passato con Berlusconi. Giusto? «Troppo semplice, giudizio manicheo. Sono a favore del nucleare da sempre. Non da oggi, non da pochi mesi. Se accetterò questo incarico lo farò per il progresso scientifico e per vedere questo paese che amo svilupparsi in modo civile. Berlusconi non c' entra». Perché non ha dubbi sul ritorno del nucleare? «Sono uno scienziato, la scienza smonta le paure. Mi affascina il pensiero che un neutrone scagliato contro un atomo di uranio possa far scaturire una quantità di energia così gigantesca da risolvere buona parte del fabbisogno energetico del mondo. Il nucleare può affrancarci dalla dipendenza dal petrolio, un giogo che ha scatenato sanguinosi conflitti. Una fonte dannosa alla salute dell' uomo e a rischio di immensi disastri ambientali come dimostra la recente catastrofe alla Bp». Nessuna alternativa? «In questo momento no. Per il solare ritengo sia necessaria una politica di grandi investimenti nella ricerca oggi non attuabile. Le potenzialità del solare sono molto elevate, ma la tecnologia è in ritardo e i soldi per accelerarla non ci sono». Che cosa risponde all' opposizione degli ambientalisti? «Sono molto influenzato dalla matematica e dalla fisica, mi sono battuto perché le innovazioni nella fisica fossero introdotte nella medicina e nelle terapie per la cura del cancro. Non mi nascondo certo che la costruzione di centrali nucleari sia un' altra cosa, sia materia delicatissimae non priva di rischi, ma il pericolo di un incidente, l' unico per la salute connesso al nucleare, è ormai vicino allo zero. Credo che questa sia un' opinione condivisa dalla maggior parte degli scienziati». Torniamo alla politica. Si aspettava una posizione così dura da parte del Pd, tanto da giungere al diktat delle dimissioni? «Pensavo che la sinistra, storicamente impegnata nella protezione della salute, trovasse congeniale alla sua cultura il fatto di mettere come responsabile della sicurezza nucleare una persona che la rappresenta. Invece non è stato così». Si dimetterà? «Nessun problema. Sull' incompatibilità avevo deciso prima che il partito si esprimesse. Se accetto il ruolo lascio la carica di senatore. Non per ragioni partitiche, ma per motivi pratici. Voglio continuare a fare il medico. Tre lavori insieme non li reggo. Ma al Pd vorrei dire un' ultima cosa». Lo faccia. «C' è un dettaglio dell' agenzia che nessuno ha considerato. Si tratta di un istituto per la sicurezza che non ha il compito di decidere se e dove le centrali saranno costruite. Questaè materia del governo. Ho accolto con favore la proposta di considerare la mia candidatura perché come medico ho speso la mia vita non solo a combattere il cancro, ma anche a prevenirlo. Regolamentare la sicurezza del nucleare è un ambito in cui ritrovo 50 anni delle mie ricerche scientifiche. La mia posizione nell' agenzia non avrebbe niente a che vedere con la politica energetica del paese. Peccato che alcuni colleghi pd non l' abbiano voluto capire». Deluso dalla sua esperienza in Senato? «Certo, l' attività senatoriale non è esaltante! Ma no, non sono deluso». Lei compirà 85 anni a novembre. È nella gerontocrazia di questo paese. Non si sente troppo vecchio per questo incarico? «Probabilmente lei ha ragione, sarebbe stato meglio offrirlo a uno più giovane di me. Forse chi mi ha fatto la proposta ha considerato più importante dell' età la mia esperienza, la mia attitudine a essere distaccato, al di sopra delle parti, e una certa mentalità di tipo strategico». Quindi si può dire che è fatta? «Non ancora. Io non ho fretta. Non conosco i margini decisionali e operativi della mia eventuale posizione. Non sono mai stato un fantoccio, voglio essere libero. E devo essere certo di non dovere abbandonare il mio ospedale e i malati. Questo sarebbe un vero tradimento e non lo farei mai. Ma neppure io voglio essere tradito. Questo deve essere chiaro a tutti». (d.crestodina@repubblica.it)

il Fatto 24.7.10
De Magistris e il dilemma Vendola
L’ex pm: non mi piace il leaderismo ma non è un avversario
di Paola Zanca

“Se una candidatura anticipata produce divisioni mi preoccupa, vorrei che crescessero prima le ragioni dello stare insieme”. Luigi De Magistris, europarlamentare Idv, reagisce così alla “discesa in campo” di Nichi Vendola. Una mossa prematura? Vendola è un protagonista di questa stagione politica, ma non è l'unico che può rappresentare l'alternativa sociale, economica e morale al berlusconismo. Non demonizzo la sua scelta, dico che bisognava fare prima un ragionamento. Quale?
Costruire i contenuti dell'alternativa e mettere insieme una squadra: poi, al momento opportuno, trovare un leader o individuare più persone per delle primarie vere e importanti. Non mi piace il leaderismo che viene prima dei contenuti e della squadra. Il leader si fa dopo. Ma detto questo, sia chiaro che non considero Vendola né un avversario interno né uno da crocifiggere. Bersani e Di Pietro sì? Questo lo chiederei a loro. Non mi interessa dire se Di Pietro ha esagerato o se Bersani ha fatto il duro. Certo, non mi è piaciuto il volto diviso che abbiamo mostrato.
Lei parla di unità, ma a maggio la “vostra” convention di Firenze è saltata. L'incontro di Firenze è naufragato, ma io e Vendola insieme a Napoli abbiamo portato duemila persone. E c'era tantissima gente anche con Marino, Ferrero e il segretario della Fiom Landini. Dopo l’estate ne faremo un’altra al Nord. Io continuo a muovermi su questa strada: la gente vuole un messaggio di unità.
Il governo ha i mesi contati? La rottura tra Fini e Berlusconi non è più ricomponibile, però non credo che si tradurrà in azioni politiche concrete.
È solo un regolamento di conti interno? Sulla legge bavaglio, per esempio, bisogna tenere gli occhi aperti. Quella dei finiani è un'operazione maliziosa: per aver presentato emendamenti migliorativi a una legge criminogena stanno passando come coloro che tengono la barra della legalità. Invece sono quelli che alla fine, la legge criminogena, la voteranno eccome.
Chi pensa alle elezioni anticipate sogna? La vedo un'ipotesi lontana. Piuttosto, se le inchieste della magistratura dovessero riguardare altri esponenti della maggioranza, dimissioni dopo dimissioni, si potrebbe aprire la strada per un governo di “fedeltà costituzionale”. Pensa alle larghe intese? Assolutamente no. In un governo come quello pensato da Casini e D'Alema, con dentro Tremonti, Cesa, Berlusconi e Dell'Utri, noi non ci staremmo mai. Penso a un passaggio, potrebbe durare un anno, che restituisca dignità all'Italia. La dignità l'abbiamo persa?
Si sta avverando in questi giorni quello che io ho pagato sulla mia pelle. Quel grumo nelle istituzioni che ora chiamiamo P3: personaggi come il capo egli ispettori del ministero Arcibaldo Miller sono quelli che hanno operato per fermare magistrati scomodi. Secondo lei gli italiani l’hanno capito che cos'è la P3?
Spieghiamola in due parole: personaggi che ricoprono incarichi pubblici (il parlamentare, il magistrato, il dirigente pubblico) si riuniscono in luoghi privati e lì prendono delle decisioni. Lì decidono un emendamento, lì decidono che un magistrato deve essere trasferito o nominato, lì decidono che un'ordinanza deve essere prorogata. Poi vanno nei luoghi istituzionali e ratificano quelle decisioni. Conseguenze?
Un intreccio pericoloso, finalizzato alla realizzazione di un progetto autoritario: si comprimono i diritti a Pomigliano per attaccare la libertà di manifestare nelle fabbriche. Si fa la legge bavaglio per limitare l'indipendenza di magistrati e giornalisti. Non bisogna fare l'errore di prendere queste leggi singolarmente. Dobbiamo far capire che è in atto un disegno complessivo di smantellamento della democrazia.

il Fatto 24.7.10
“La sinistra rischia di essere un reperto”

“Fuori contesto è la mancanza di opposizione del centrosinistra e la sinistra che rischia di essere un reperto archeologico”. Questa la risposta di Nichi Vendola alle critiche di Bersani e Di Pietro alla sua autocandidatura alla guida del Partito democratico: “Se abbiamo dovuto mettere ecologia e libertà accanto a sinistra dichiara il presidente della Regione Puglia significa che qualcosa non ha funzionato. Sono temi che non sono stati perfettamente inglobati dalla sinistra, che ora deve guardarsi allo specchio e fare un bagno nella verità, per costruire un passaggio d’epoca che si annuncia straordinario”. Il leader di Sel ha conferma la fiducia nelle primarie: “Sono un metodo indispensabile per mettere l’anima nel corpo un pò smorto di questo centrosinistra. Io non sono impegnato nella costruzione di correnti e di trame all’interno dei Palazzi del centrosinistra. Io voglio uscire dai quei Palazzi”.

il Fatto 24.7.10
“È Radio Pannella, non Radicale”
Addio dello storico direttore Bordin. La guida passa a Paolo Martini
di Giampiero Calapà

“A me di quello che pensano al riguardo i Radicali importa poco, la linea della radio per me la deve esprimere Pannella che ne è formalmente l’editore”, parola di Massimo Bordin. La storica voce della rassegna “Stampa e regime” che accompagna le prime ore del mattino di appassionati, politici e addetti ai lavori chiarisce così il suo stato d’animo dopo aver appreso la notizia del cambio alla direzione dopo 19 anni: “Hanno deciso per il nuovo direttore? Me lo state dicendo voi. Bene comunque. Per fortuna non siamo arrivati al Ventennio...” ironizza. Ma la tensione con lo storico leader Marco Pannella c’è e affiora in modo palese: “A cena con Pannella? Non credo di avere con lui grandi divergenze politiche, è bene chiarirlo. Ma mentirei se dicessi di avere mai avuto con lui grandi frequentazioni: solo qualche cena di lavoro”. Anche se Bordin non vorrebbe lasciare la radio per sempre, sperando soprattutto di poter continuare la sua rassegna stampa, diventata ormai appuntamento tra il cult e il rito religioso: “Credo che sia possibile restare, la questione non è ancora definita, diciamo”. Tra i nomi che sono circolati nei giorni scorsi dalle stanze radicali per la successione di Bordin c’erano quelli di Filippo Facci di Libero e di Marco Cappato. “Non ho mai parlato con nessuno di questa possibilità”, rivela Cappato, per il quale la mattina senza “Stampa e regime” sarebbe “certo difficile da immaginare”. Alla fine a spuntarla è, invece, Paolo Martini, classe 1966, stretto collaboratore di Bordin, per il quale è stato soprattutto “l’uomo di macchina” in redazione. Per lui Bordin, infatti, non spende che buone parole: “È molto bravo, una decisione saggia”. Martini è esperto di politiche del lavoro e questioni sindacali, oltre agli esteri e a Internet. Infatti è il direttore della Web tv della rivista L’interprete internazionale (Bordin è nel comitato editoriale), paradossalmente vicina alla Fondazione ItalianiEuropei presieduta da quel Massimo D’Alema acerrimo nemico dello stesso Pannella, che non risparmia mai una critica al “regime partitocratico di Berlusconi e D’Alema”.
Radio Radicale cambia guida, quindi, dopo quasi vent’anni, a partire dal 1° agosto, come Bordin aveva già annunciato con le sue tormentate dimissioni lo scorso 9 luglio per “insanabili divergenze con l’editore di riferimento Marco Pannella”. Il divorzio ufficiale fra i due è arrivato due giorni dopo, l’11 luglio, durante il consueto incontro radiofonico della domenica mattina tra il direttore e il padre e padrone radicale. Un faccia a faccia di quasi due ore con molta poca diplomazia e toni (anche di voce) molto alti: “Ti sei preso una responsabilità politica molto grave”, ha attaccato Pannella, ma la replica di Bordin non è stata da meno: “Nel tuo argomentare c’è parte ingenerosa perché mi dai del disertore. Gridi al momento gravissimo, ma lo fai sempre. Non ho preteso né chiesto nulla”. Non è stata la prima litigata in diretta, forse sarà davvero l’ultima, altre sono già passate alla storia. Come quella del 2009, giorno di Pasqua, in cui Bordin rinfacciò Pannella di essere l’unico a fare del “digiuno un’arma politica”, prima di annunciare cosa poi non avvenuta che quella sarebbe stata l’ultima conversazione domenicale tra loro: Bordin: “Non sono metodi molto belli”; Pannella: “Bisogna vedere a quale concetto di bello si fa riferimento”; Bordin: “A quello di potersi guardare allo specchio, andiamo avanti con l’ultima conversazione”; Pannella: “Se è questo a cui volevi arrivare diventerai un martire”; Bordin: “Figurati se voglio essere martire”; Pannella: “Farò a meno del prestigio di questi dibattiti ma sopravvivremo entrambi”; Bordin: “Non c’è dubbio”.

il Riformista 24.7.10