domenica 25 luglio 2010
l’Unità 25.7.10
Il governatore della Puglia: «Gli attacchi sono momenti di crescita. C’è un’onda emotiva a sinistra, una passione forte». Centinaia di ragazzi ai campi di studio: molto Pd ma non solo
Giovani a scuola di politica fra caso-Vendola e realtà
di Concita De Gregorio
Dice Nichi Vendola, in procinto di partire per Bertinoro dove stasera alla scuola «Democratica» parlerà di religione, che «nella grande area del Pd» sente «una forte onda emotiva». Vendola parla così, è anche per questo che piace molto a chi ha meno di trent’anni e poco o pochissimo a chi ne ha parecchi di più. Non è solo un fatto anagrafico, naturalmente. Scarta sempre di lato, o avanti: va su un altro piano. Gli domandi cosa pensi della reazione dei leader del centro sinistra alla sua candidatura alla guida della coalizione la gamma va da dispetto a ostilità passando per prudenza e risponde che sente una forte onda emotiva. Non si riferisce ai vertici, evidentemente. Parla delle persone che incontra. Dice che c’è «molta passione» fra i ragazzi. Gli domandi se non sia stata prematura, la sua candidatura, visto che le primarie non sono proprio alle porte e considerato che il risultato ottenuto è stato per ora di farsi attaccare da destra e da sinistra e risponde che «la forza del centrodestra sta nella debolezza del centrosinistra». E’ lì che c’è da fare, a saldare i pezzi della sinistra. D’altra parte «i massacri mediatici organizzati scientificamente dal centrodestra, che mette in campo pool di persone e di giornali che attraverso collaborazionisti sul territorio fabbricanti di falsi dossier, li sappiamo all’opera cercano di demolirti, sono momenti di crescita». Momenti di crescita, li definisce: rafforzano. Esiste un caso-Vendola, a sinistra. Tutti ne parlano. Di Pietro gli ha dato lo stop, certamente pensando alla possibile erosione del suo bacino elettorale e probabilmente alla sua stessa più che probabile candidatura. Con D’Alema è un dialogo per così dire difficile da antica data, le vicende delle primarie pugliesi non hanno aiutato. Bersani è il segretario in carica e si capisce che si irriti se qualcuno si alza e dice: corro anch’io. Del resto non c’è neppure la pista, al momento, e i problemi del paese effettivamente sono altri. Basta sfogliare le cronache. Veltroni lo ha invitato a Bertinoro e allora ecco che subito riparte la ridda dei sospetti: nuove alleanze, nuove strategie per rimescolare le carte a sinistra? Pippo Civati, in campeggio coi giovani democratici in Emilia, lo ha elogiato dopo un incontro alle Fabbriche e ora parla di «generosità in politica»: è stato iscritto d’ufficio tra i neovendoliani. Le cose non stanno così, le cose fuori dai palazzi romani non stanno mai come le racconta chi è schiavo dell’antica logica del nemico interno: la logica per la quale è sempre più urgente annientare il presunto rivale domestico anzichè mettere insieme le forze per sconfiggere chi occupa disastrosamente l’altra metà campo. Anche i giornali, con le semplificazioni derbistiche, non aiutano lamenta Civati.
Proviamo a vedere cosa sta succedendo in questi giorni. Alcune centinaia di giovani appassionati di politica anzichè andare in vacanza hanno deciso di spendere qualche soldo e molto tempo a pensare il futuro. Succede nel Pd. C’è la scuola di Democratica a Bertinoro, di cui Veltroni va fiero, dove centinaia di ragazzi (non tutti Pd, ce ne sono di Sinistra e Libertà, dell’Idv, cattolici e radicali) parlano in queste ore di diritti e religioni.
«I ragazzi si appassionano ai grandi temi del presente, più difficilmente alle correnti di partito. Chiedono unità e visione. Hanno la passione che serve per dare nuove risposte. L’investimento da fare è questo», diceva Veltroni alla vigilia del seminario. Pippo Civati, in campeggio a pochi chilometri da lì con altre centinaia di giovani: «Detesto le logiche di quelli che a tavolino traggono conclusioni tipo ‘due scuole vicine dunque rivali’, non c’è nessuna conflittualità, ce ne dovrebbero essere cento in tutta Italia di iniziative così e decine ce ne sono: in Lombardia, in Sardegna, al Sud. Detesto quelli che se dico che Vendola ci offre una grande occasione di confronto mi additano come il traditore: non abbiamo bisogno di duelli ma di condivisione, la felicità non esiste se non è condivisa, anche la politica funziona così. Il nostro motto qui al campeggio è: alla pari. Non chiediamo la provenienza di nessuno, chiediamo ai ragazzi di mettersi a disposizione. Solo con la generosità potremo sonfiggere il berlusconismo: solo offrendo la proposta di un modello positivo, diverso dalle battaglie di potere, un modello in cui le persone sappiano e vogliano collaborare. Questo chiedono i giovani che vedete qui». Questo dicono anche i venti-trentenni di diverse provenienze che Francesca Fornario ha chiamato a collaborare in un gruppo di lavoro sui temi concreti: la bioetica, i diritti, il lavoro, lo sviluppo sostenibile, le energie, lo studio. Ne abbiamo sentiti alcuni, trovate le loro parole in queste pagine: militano nel Pd e nell’Idv, nel movimento Cinque stelle e in Sinistra e libertà. Si trovano a fare volantinaggio insieme. Lavorano ad iniziative comuni. Non hanno nessun interesse alla battaglia per la leadership per le primarie: certamente non adesso. «Continuare a combattere tra di noi è l’unico modo sicuro per far restare Berlusconi al potere a vita», dice uno di loro. Troppo semplice? Ingenuo? Pensateci. Mettetevi nei panni degli elettori, anche, non è difficile, ciascuno di noi lo è.
La «bella politica», abbiamo sentito nelle scuole e nei campeggi in questi giorni, è quella che sarà capace di fare “Punto e a capo” con le cricche, le P2 e le P3 giusto ieri il Pd ha chiesto una commissione d’inchiesta, questo giornale vi parla di P2 da mesi, direi da sempre. E’ quella capace di voltare pagina e di superare le logiche di condominio di chi per far dispetto al vicino demolisce le scale di casa.
Luigi De Magistris, Idv, sta preparando con Vendola un’iniziativa nel Nord Italia che, dice il governatore pugliese, ha bisogno di «essere scaldato». Sono stati insieme a Roma, all’Eliseo, poi a Napoli alla città della Scienza. «Era dai tempi del primo Bassolino che non vedevo una folla così, ma questa di precari, lavoratori, studenti, non solo intellettuali e buona borghesia, non solo quadri di partito». Anche lui neo-vendoliano, in rotta con Di Pietro? «Ma per favore, smettiamola. Smettetela anche voi giornalisti. Va bene, forse la candidatura di Vendola è stata prematura. Forse ha avuto fretta e non ce n’era. Ma proviamo a metterla così: guardiamo ai contenuti, pensiamo alla squadra. La gente ci chiede unità. L’altro ieri ero a un dibattito con esponenti della Fiom, con Marino, con Ferrero. La sala era colma. Mi hanno invitato alla festa dell’Unità di Pesaro, sto partendo. E’ una fase delicata: parliamoci, io parlo ogni giorno col Pd, con Sel, con tutti quelli disposti a lavorare ad un progetto. Non facciamo gli stessi errori di sempre, gli elettori questa volta non ce lo perdonerebbero. Proponiamo nei fatti un modo di fare politica diverso».
Apro il blog di Civati: «Ho chiesto e ripetuto anche a Bari, Vendola presente di evitare questo clima da spareggio, che non è utile a nessuno. La candidatura di Vendola fa bene al centrosinistra. Non ho mai escluso che possano essercene altre, però. Né che la ricerca del candidato si esaurisca ora. Mi auguro che il confronto avvenga sull'idea di "Paese" e non sull'idea di "cordata". E che non ci siano "reazioni" da parte di nessuno, ma "azioni" da parte di tutti». Apro quello di Vendola, parla di Fiat: «Siamo di fronte a scelte che mettono in discussione la credibilità del piano industriale della Fiat e del suo management. Tutto questo mentre siamo di fronte alla vera emergenza nazionale dell'Italia: la perdita ogni giorno di migliaia di posti di lavoro, il quotidiano passaggio di migliaia di famiglie da una vita dignitosa alla povertà».
l’Unità 25.8.10
Tra i giovani della scuola Democratica a Bertinoro. Sono schierati, ma vogliono capire
Non accettano la cooptazione e la burocrazia. Atteso oggi il governatore della Puglia
Guardano a Pd Vendola e Idv «Ma prima idee e contenuti»
«Prima i contenuti, poi i nomi». Tanti, tra giovani riuniti a Bertinoro alla scuola di Democratica, la pensano così. Vogliono ascoltare, intervenire. Sono «trasversali», guardano a Pd, Idv e Vendola e li giudicano.
di Roberto Monteforte
Cambiamola questa politica. Più concretezza. Più rapporto diretto e meno burocrazia. E soprattutto decisioni. I giovani alla scuola di politica organizzata da Democratica a Bertinoro discutono e non solo di “religioni e democrazia”, anche se apprezzano la proposta: costruire la politica, partendo dalla conoscenza approfondita dei problemi. Guardano al nuovo. Confrontano esperienze e mondi diversi. Esprimono una nuova domanda politica, fuori dalle dinamiche della sola comunicazione mediatica. Ne è convinto Roberto. Viene da Castrocaro. E qui perché glie lo ha proposto il segretario Pd della sua zona. «Voglio migliorare la mia cultura politica su temi della laicità, del rapporto tra democrazia e religione. Sono temi attualissimi. Si pensi agli omosessuali lapidati nei paesi islamici. Alla religione che scatena conflitti con l’Iran che minaccia Israele...». Ma non è solo questo. La cinque giornate di Bertinoro consentono ai ragazzi di conoscere e di sentire dal vivo anche “personaggi che emergono”, come il sindaco di Firenze, Matteo Renzi o il governatore della Puglia, Nichi Vendola che questa sera si confronteranno con i cento giovani che frequentano il corso a Bertinoro.
«Mi interessa Vendola – aggiunge Roberto si è candidato a premier. Lo stimo molto. Per me prima vengono i contenuti e poi i nomi. In Puglia la gente lo ama. Visto come ha vinto le primarie? Anche Renzi mi interessa sentire. E’ un amministratore giovane e molto in gamba anche se non è della mia “corrente”. Credo possa portare qualcosa di nuovo in politica. Ha fatto tanta gavetta,per questo lo stimo. Non mi piacciono i giovani coptati”.
Valentina ha 37 anni e alla Regione Emilia e Romagna si occupa di politiche giovanili. «Sono iscritta al Pd con qualche perplessità. Spero nelle novità. Se ci fosse stato D’Alema non sarei venuta a Bertinoro. Mi farebbe piacere sentire Renzi. E’la parte nuova e dinamica della politica. Non bastano solo le parole, contano anche i comportamenti,le disponibilità a confrontarsi. Certo anche Vendola è interessante anche se alcuni suoi estremismi non mi convincono. Ma quello che fa in Puglia per i giovani, le energie alternative,l’ambiente è interessante».
«Voglio capire cosa vuole Nichi Vendola, non mi convince del tutto» dice Graziella 34 anni, insegnante, è del Pd. «Non può prendere voti a sinistra denigrando il nostro partito. Anche se è vero che il Pd non ha posizioni chiare su Pomigliano, sull’ambiente, sugli omosessuali e sulla bioetica”. E’convinto che sia necessario costruire un percorso sui nuovi contenuti della politica, Antonino. Martina ha deciso per l’Idv, ma apprezza il taglio dato alla scuola politica di Democratica aperta al confronto «E’segno di buona politica affrontare i temi nella loro concretezza. Così tante divisioni cadono» afferma Edoardo, bolognese e iscritto al Pd.
Chi è pronto ad offrire le sue competenze alla politica al Pd è un altro Riccardo. Ferrarese, tesi sul Pd e specializzazione in diritto parlamentare. I leader non sono poi così inavvicinabili Ha scritto a Veltroni. Gli ha risposto di persona su facebook. «Una cosa inattesa e simpatica» commenta. E’alla scuola di Bertinoro.
l’Unità 25.8.10
Se Vendola parla solo ai giovani
di Andrea Boraschi
Sull’accostamento operato da Nichi Vendola tra Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Carlo Giuliani si è detto e scritto molto. Altri hanno già chiarito come l’analogia tra i primi due e il terzo sia, nel migliore dei casi, solo un pasticcio ideale; o, altrimenti, un fraintendimento serio di alcuni fondamentali accadimenti della storia più recente.
Inquadrare la figura e la vicenda del presidente della regione Puglia, oggi, non è agevole. Ovvero, non appare semplice prevedere se la sua azione politica si concluderà nella rappresentanza (pur brillante) di una parte importante, ancorché residuale, del voto di sinistra; o se saprà lanciare una sfida più aperta, coinvolgente anche per settori tradizionalmente lontani dalla cifra “antagonista” che è ancora connotazione di gran parte del suo elettorato più attivo. Nella sua regione, se vogliamo stare ai fatti, Vendola è riuscito a realizzare questa seconda opzione. Ma – si perdoni il facile scetticismo – la Puglia non è l’Italia. E Vendola, nel momento in cui lancia la sua candidatura a leader dell’opposizione, sembra confondere il paese al quale si rivolge con i giovani delle sue “fabbriche”, accorsi numerosi a sostenerlo in quella circostanza.
Il leader di SeL appare sovente vittima di una retorica tutta sua, ultra-emozionale e ipertrofica: è appunto dai meandri più scivolosi di quella consuetudine espressiva che nasce la riflessione su Giuliani. Con quella Vendola dice qualcosa di insensato (il che non toglie come quel giovane vada comunque riconosciuto vittima di un episodio infame). Ma – ecco, questo è il punto – il governatore dice (nella maniera più sbagliata) anche un’altra cosa. Che non c’entra con la solita costruzione di pantheon ideologici, sport sovente estivo, pratica ovvia di ogni “discesa in campo”; egli afferma che i fatti di Genova devono entrare nella coscienza di questo paese come una pagina centrale, dirimente e traumatica – traumatica quanto le stragi di mafia – della vicenda nazionale repubblicana. E questa riflessione, al contrario dell’accostamento tra Falcone-Borsellino e Giuliani, al di la di ogni definizione di cosa sia “eroico”, merita la massima attenzione. Perché quel trauma è ancora lontanissimo da ogni accettabile elaborazione; perché tenere a mente la guerra di strada di quei giorni, e i fatti della Diaz e di Bolzaneto, deve servire a elaborare feroci anticorpi contro ogni sopruso e violenza del “potere” sui cittadini. Vendola si fa carico di tradurre un fatto storico recente in motivazione politica: fa bene. Mette mano a una questione generazionale poco considerata e niente affatto celebrata, contrariamente ad altre e più remote “perdite di innocenza”. E parla, praticamente solo, a chi dovrà cambiare il paese nei prossimi 10-20 anni.
il Fatto 25.7.10
Latorre: “Sbagliato sbattere la porta in faccia a Nichi Vendola”
Il più dalemiano dei dalemiani si distingue dal Líder máximo
di Luca Telese
Appena inizi l'intervista lui, storicamente considerato l'uomo più vicino a Massimo D'Alema, ti spiazza: “Io
non sono per chiudere la porta in faccia a Nichi, anzi: non sostengo la sua candidatura a leader della coalizione, ma penso che rappresenti un fatto positivo per tutti noi, un valore aggiunto”. Le sorprese non finiscono qui, perché anche sul governissimo, come vedremo, il vicecapogruppo del Pd al Senato ha una posizione che sta a metà strada fra il no di Vendola e il sì dell'ex ministro degli Esteri. Così, anche per stemperare il clima e lo stupore, Latorre ammette un suo personalissimo e privato “conflitto di interessi” sulla discesa in campo del governatore della Puglia. “Allora, mia moglie Stella è una grande estimatrice di Nichi... Questa passione, che sfocia in una cara amicizia, mi ha creato già non pochi problemi alle primarie dove era nota la mia posizione, ma, purtroppo, anche la sua”. Non è riuscito a farle cambiare idea? Latorre sorride: “Non solo non l'ha cambiata, ma temo che anche adesso, dopo l'auto-candidatura di Vendola alle primarie di coalizione, sarà difficile fargliela cambiare”. Sarà anche questa dialettica familiare, forse, a far emergere un approccio totalmente diverso fra D'Alema e il più importante dei dalemiani. D'Alema ha detto che non si fa politica con la poesia, ed è chiaro che si si riferiva al governatore della Puglia...
Io non ho questo tipo di approccio. In che senso? Ragiono molto pragmaticamente. Non possiamo non considerare che Nichi porta in dote ai suoi interlocutori un mondo, una parte della società italiana, penso soprattutto ai giovanissimi, che sarebbe una vera e propria follia non includere nella coalizione...
Si riferisce alle fabbriche di Nichi? Sì, e non solo a loro. Penso anche agli elettori che in Puglia lo hanno portato alla vittoria. Sto parlando, per essere chiari, di persone che in passato mi hanno rifilato giudizi a dir poco caustici... Spesso sono critici feroci del dalemismo. Appunto. Ma io so che queste persone, quest'area diciamo così radicale, rappresenta un patrimonio umano e morale che si riconosce in Vendola, e che senza di lui non si sentirebbe rappresentato in altri soggetti della coalizione. Quindi lei non vede la candidatura di Vendola come uno sgarbo o un'Opa, al pari di tanti dirigenti del suo partito? E perché mai? Semmai porta in dote un pezzo di mondo che ci manca. Qualcuno ha messo in dubbio l'idea stessa di fare le primarie. Mi pare invece che sia ormai certo che il leader sia scelto, come in passato, con questo metodo. Altri invece nel Pd dubitano del fatto che lo stesso Vendola possa parteciparvi. E perché non dovrebbe? Perché non c'è ancora una coalizione. Io credo che il momento giusto per farle, se le elezioni si svolgeranno al termine della legislatura ordinaria sia il 2012, ovvero un anno prima. E se ci fosse una crisi? Non appena si sia aperta la campagna elettorale. Ma detto questo, mi lasci dire che c'è anche qualcosa che non va nell'approccio di Nichi. Ovvero? Lui ha parlato di “sparigliare”: ecco, non mi pare che sia il programma ideale, per uno che vuole guidare una coalizione. Quale parola metterebbe in cima all'agenda lei? Non ho dubbi: unire. Però voi potreste dividervi molto presto, in caso di crisi, sull'opportunità di un governissimo.
E perché?
Perché Vendola è contrarissimo, ad esempio, e D'Alema invece ha già detto di considerare opportune le larghe intese...
Dunque. Iniziamo dalla cosa più importante. Siamo in un momento topico in cui il centrodestra sta mostrando tutte le sue crepe. C'è una coalizione in di-
sfacimento... Ci sono ministri che si dimettono ogni giorno, c'è la difficoltà manifesta a nominare un nuovo presidente della Consob...
Quindi?
Quindi la prima cosa da fare è unire le forze di opposizione fuori e dentro il Parlamento e archiviare il berlusconismo.
E ci si riesce meglio con “la prosa cinica” (Vendola su D'Alema) o con la “cattiva poesia?” (D'Alema su Vendola)?
Il problema dell'Italia è l'attuale governo, ovvero un governo che non governa. Però lei non mi ha detto la sua sul governissimo.
Su questo non ho dubbi: noi non dobbiamo pensare a costruire una operazione di Palazzo per buttare giù Berlusconi. Non sarebbe giusto, non sarebbe utile.
Sbaglio o leggo una differenziazione dalle parole di D'Alema? Non cerchi di essere malizioso... Io, contrariamente a molti altri, non credo che D'Alema abbia costruito solo sconfitte, e continuo a considerarlo una personalità decisiva per la sinistra italiana... Però?
Su questo tema, e non vedo il motivo di stupore, ho un’idea diversa da quella di Massimo. Latorre vendoliano?
Non esageriamo, adesso. Vedremo come affrontare il dopo. Ma prima di tutto bisogna archiviare questo governo, ed evitare passaggi che non sarebbero capiti. Ma il candidato del Pd alle primarie chi deve essere?
Credo che allo stato attuale tutti nel Pd siano d'accordo con il principio che il leader debba essere il candidato premier. Quindi si candida il segretario che è in carica quando si va al voto. Quindi per cambiare candidato bisognerebbe cambiare segretario?
In linea di principio sì. Ma io credo anche che Bersani stia svolgendo una funzione molto positiva.
E del caso Veronesi che dice?
Io ho un'opinione diversa da quella degli antinuclearisti. Ma detto questo, il ruolo di Veronesi all'agenzia sarebbe incompatibile con il ruolo del parlamentare non per il suo contenuto, ma per una sovrapposizione di ruoli. Mi pare che su questo sia d'accordo anche lui.
il Fatto 25.7.10
Vendola, buone notizie per il Pd
di Gianfranco Pasquino
“Correre da solo” è stata nel 2008 un’avventura per il Partito democratico e per Veltroni, forse entusiasmante, ma, alla fine (in verità fin dall’inizio), perdente. La politica in tutti i sistemi multipartitici consiste nel sapere costruire le alleanze, politiche e sociali, migliori. È vero che la “banda” che aveva dato vita grama e breve all’Unione (ma anche allora qualcuno aveva sbagliato: Romano Prodi?) non meritava di essere resuscitata. Tuttavia, toni e modi per evitare di auto isolarsi potevano essere inventati. Da allora, credo che la maggioranza, ahilo-
ro, non tutti, dei dirigenti del Pd abbia imparato la lezione: le coalizioni si costruiscono, prima, e si tengono insieme, poi, non soltanto su essenziali punti programmatici, ma con, altrettanto, se non addirittura più fondamentali, rapporti personali: con gli elettori, con i dirigenti dei partiti con i quali si desidera allearsi e fare un po’ di strada insieme, preferibilmente al governo. Lo strumento per giungere a questo obiettivo esiste. Si chiama “primarie di coalizione”. Purtroppo, il Pd è arrivato male alle primarie, abitualmente accettate o in casi di estrema necessità (Puglia 2005 e 2010) o quando l’esito lo si poteva “prevedere” (pilotare). Poche sono state finora le primarie davvero aperte e competitive.
ANCORCHÉ prematura, la dichiarazione di Nichi Vendola di volersi presentare alle primarie che incoroneranno il candidato dello schieramento di centrosinistra alla carica di presidente del Consiglio, è, da un lato, una buona notizia, dall’altro, una sfida. È una buona notizia poiché Vendola è probabilmente capace di mobilitare un elettorato nazionale che difficilmente il Pd potrebbe raggiungere e motivare. È fatto da gran parte degli elettori dei partiti del centrosinistra che sono meritatamente rimasti fuori dal Parlamento eletto nel 2008. Un conto, però, è rallegrarsi, legittimamente, della fuoriuscita di un personale politico vecchio e senza idee, ma sempre voglioso di cariche e di risorse. Un conto molto diverso è pensare che dei loro elettori si possa fare a meno. No, non si può e non si deve, né numericamente, senza quel 4-5 per cento e forse più di elettorato, il centrosinistra non tornerà mai più a vincere su scala nazionale, né politicamente e socialmente. Quegli sparsi elettori di sinistra hanno bisogno di qualcuno che offra loro rappresentanza, che si faccia portatore anche dei loro interessi e delle loro preferenze, che, aggiungo senza nessuna remora, li “educhi” alle compatibilità di governo. La buona notizia è che Vendola ha dimostrato alcune essenziali capacità in questa direzione e, se entrasse nelle primarie, sarebbe ulteriormente costretto ad approfondire la sua opera di mobilitazione e di pedagogia.
QUANTO ALLA sfida, i suoi contorni sono chiarissimi. È anzitutto una sfida ad un Partito, quello democratico, che vive asfitticamente di scontri, più o meno ovattati, fra coloro che hanno avuto cariche di vertice per tutto il periodo dal 1994 ad oggi che, prossimamente, chiameremo l’“era berlusconiana”, e che non hanno mai trovato il bandolo della matassa. Anzi che sembrano già tornati a baloccarsi con le logore formulette della Prima Repubblica: larghe intese, emergenza, convergenza, sento che sta per arrivare anche la solidarietà nazionale contro un leader come Berlusconi che più “nazionale” di così non si può. La sfida di Vendola consiste proprio nel dire alto e forte che è necessario offrire un’alternativa e che l’alternativa deve essere formulata per tempo. Le primarie di coalizione, per le quali sarà indispensabile stilare un regolamento garantista, aperto al massimo di partecipazione possibile, consentiranno a tutti i candidati di presentare il loro programma e di mettere in evidenza quei tratti della loro personalità politica che li rendono effettivamente alternativi a Berlusconi, ma capaci di governare. Persino la pallida e contrastata identità del Partito democratico dovrebbe considerare la sfida di Vendola come una grande, al momento, l’unica, opportunità per darsi una mossa. Poi, naturalmente, il “compagno” Vendola potrà anche essere criticato sulle proposte che presenterà. Certo, non mi pare proprio il caso che si proceda nei suoi confronti a colpi di quegli esorcismi che in Puglia non hanno funzionato per due volte e dai quali l’esorcista massimo avrebbe forse dovuto trarre serie considerazioni e pagare qualche prezzo politico e anche personale.
Corriere della Sera 25.7.10
Filosofia Prima ancora di Einstein, hanno provato a rispondere i miti antichi e la fantascienza
Gödel e il paradosso di uccidere la nonna
Il grande problema: come spostarsi nel passato senza alterare il presente? I dubbiosi Enrico Fermi: ma se i passaggi sono possibili, perché i curiosi provenienti dal futuro non sono già qui?
di Giulio Giorello
Tra mito e pensiero Kurt Gödel Il grande logico teorizzò uno strano universo in cui erano possibili traiettorie ad anello e i «viaggiatori di Gödel» avrebbero potuto incontrare se stessi da giovani In Giappone Nella mitologia giapponese, il pescatore Urashima Taro riesce a trasferirsi nel futuro, ma perde il suo potere quando apre la scatola magica
Nella mitologia giapponese il pescatore Urashima Taro riesce a trasferirsi nel futuro; in quella irlandese lo stesso fa l' eroe Finn McCool. Ma c' è una clausola: Urashima non deve mai aprire una magica scatoletta e Finn non deve scendere dal suo cavallo incantato. I due trasgrediscono, e così si trovano invecchiati di colpo e ridotti infine a polvere e ossa. Ai paradossi del tempo ci ha abituato la fantascienza (pensiamo a Herbert George Wells) prima ancora che la scienza di Einstein. E chi non vorrebbe gettare un' occhiata non solo nel futuro, ma anche nel passato? Però, andare indietro nel tempo è più problematico che spostarsi in avanti. Nei loro anni di Princeton ne aveva discusso proprio Einstein con il grande logico Kurt Gödel: questi aveva mostrato che alcune soluzioni delle equazioni della relatività generale descrivevano uno strano Universo in cui erano possibili traiettorie ad anello nel tempo. Uno di questi «viaggiatori di Gödel» avrebbe potuto così incontrare se stesso più giovane. O magari, travolto da un accesso di follia, uccidere a pistolettate... la propria nonna. Ma allora com' è che era potuto venire al mondo? Enigmi del genere hanno invaso persino il teatro. L' abbiamo visto con Infinities, lo spettacolo messo in scena pochi anni fa dal Piccolo Teatro della città di Milano, grazie agli sforzi congiunti di un brillante matematico come John Barrow e un maestro della scena come Luca Ronconi. La riflessione scientifica non è stata da meno. Ecco ora la proposta di Seth Lloyd e della sua equipe dello MIT (nel gruppo c' è anche Vittorio Giovannetti della Normale di Pisa): combinare insieme le curve temporalmente chiuse della relatività generale con la teoria più stupefacente della fisica odierna, cioè la meccanica quantistica. In una storica controversia, proprio Einstein aveva mostrato che questa basilare teoria delle particelle elementari implicava una vera e propria azione a distanza che sembrava sfidare la concezione tradizionale delle interazioni. Ne è scaturita l' affascinante idea del teletrasporto quantistico, che dovrebbe consentire di trasferire parte di un' informazione a velocità superiori a quella della luce. Lloyd e i suoi (che conoscono bene miti come quelli di Urashima Taro e racconti come quelli di Wells) immaginano di poter «invertire» il processo. Questa «post-selezione» evidenzia la possibilità di «scavare un tunnel dal futuro al passato». Tutto questo, ovviamente, per cose «molto piccole» come le particelle elementari... Ma noi siamo fatti di particelle elementari! Mentre i fisici sottolineano che proprio i vincoli della meccanica quantistica potrebbero ridurre o eliminare paradossi come quelli dell' uccisione della nonna, il pubblico rimane «perplesso» (un po' come si dichiarava lo stesso Einstein di fronte alla provocazione di Gödel). Se quelle gallerie sono possibili, com' è che i curiosi provenienti dal futuro non sono già qui? È lo stesso argomento che Enrico Fermi usava per smontare ipotetici scenari di invasione da parte di alieni così tecnologicamente raffinati da poter colonizzare il nostro Sistema solare. La fisica si è forse trasformata in un ramo della letteratura fantastica, come a suo tempo diceva Borges della teologia? Può anche darsi; ma intanto gli esperti pensano che proposte teoriche del genere ci aiutino a capire qualcosa di più dell' elusiva connessione di quanti e relatività. Però, a qualcuno può venire in mente la storiella di quel professore afroamericano che vuole avere informazioni in presa diretta sulla Guerra civile. Riesce a «trasferirsi» al momento della battaglia di Gettysburg; ma causa involontariamente la morte di un ufficiale nordista, e questo cambia le sorti dell' intero conflitto. Quando ritorna al suo tempo, il professore si scopre schiavo in una piantagione di cotone del Sud vittorioso. Che la meccanica quantistica ci protegga da pasticci del genere! Per intanto, come ha suggerito un commentatore in Rete, se qualcuno ha proprio voglia di ficcanasare nella storia, «si affidi a qualche sceneggiatore di Hollywood»: ne vedrà delle belle, senza mettere a repentaglio le proprie... particelle elementari.
il Riformista 25.7.10