martedì 20 luglio 2010





l’Unità 20.7.10

Nichi candidato, no Idv e Udc Il Pd: prima c’è da mandare a casa Berlusconi
Perplessità dall’Udc all’Idv per la candidatura di Vendola alle primarie del centrosinistra. Bersani: «Prima mandiamo via Berlusconi, poi iniziamo a discutere di primarie». Di Pietro: «Pensi a governare la Puglia».
di Simone Collini

La candidatura di Nichi Vendola alle primarie del centrosinistra viene in vario modo criticata apertamente da Udc, Italia dei valori, Verdi, Rifondazione comunista e Pdci, mentre i vertici del Pd lasciano passare la cosa piuttosto sotto silenzio. Pier Luigi Bersani, a quelli che lo chiamano per uno scambio di battute dopo il rientro dagli Stati Uniti, ribadisce che in questo momento la priorità è lavorare alla «costruzione di una credibile alternativa di governo», e che questo si fa «accorciando le distanze tra le forze oggi all’opposizione», iniziando a delineare una piattaforma programmatica sui «grandi temi della democrazia e sulla questione sociale che sta colpendo il paese», evitando «premature» discussioni di carattere personalistico. Per il segretario del Pd è «positivo» che il governatore della Puglia si impegni in vista delle prossime elezioni politiche: «Potrebbe essere la personalità attorno a cui può aggregarsi quella parte della sinistra che vuole accettare la sfida del governo». E poi bisognerà vedere se può dare un contributo ad «arginare i fenomeni di antipolitica», che alle ultime votazioni hanno colpito soprattutto il centrosinistra.
Ma la fretta con cui si è candidato a delle primarie che «non è detto si terranno entro breve» suscita in Bersani più di una perplessità: «Dobbiamo fare ferma opposizione e far capire agli italiani quali danni sta provocando il governo al paese. Prima, bisogna mandare via Berlusconi. Poi, inizieremo a discutere di primarie». Fermo restando, dice il leader Pd che potranno partecipare tutti coloro che faranno parte della coalizione che si candida a governare nei prossimi anni.
ASPRE CRITICHE
Meno articolati e più aspri i commenti rilasciati alle agenzie di stampa dai dirigenti dell’Udc ma anche dell’Idv. «Ogni giorno Vendola gira il paese per rilanciare le sue fabbriche allontanandosi così dai suoi impegni istituzionali», dice Antonio Di Pietro invitando il governatore pugliese a non utilizzare il mandato come «trampolino di lancio personale» e a svolgere seriamente il suo ruolo. Negativi anche i commenti del segretario del Prc Paolo Ferrero («prima pensiamo a cacciare Berlusconi») e di quello Pdci Oliviero Diliberto («basta con i protagonismi»).
Critiche che non impressionano Vendola, che definisce «poco chiaro» il discorso di Bersani sul «governo di transizione» in caso di crisi, e si dice sicuro di vincere le primarie e poi di battere Berlusconi, «perché è troppo vecchio»: «Nel mondo occidentale è la cosa più vecchia che c’è. Bisogna dirgli che è tempo di andare in pensione, c’è un limite anche al lifting politico».

Repubblica 20.7.10
Pd, Vendola bocciato in Toscana
di Massimo Vanni

TUTTI contro Vendola. Se il presidente della Puglia e capo della Sel punta a «sparigliare il centrosinistra», candidandosi alla guida della coalizione, si troverà di traverso il Pd toscano, azionista di maggioranza del Pd nazionale. A cominciare dal presidente della Regione: «La fortuna arride agli audaci e apprezzo l' audacia ma la sanità pugliese macina deficite tasse ai cittadini, senza contare che ci sono inchieste a ripetizione. Non mi pare che a Vendola manchi il lavoro nella regione dov' è stato rieletto presidente appena tre mesi fa», dice Enrico Rossi, pur favorevole alle primarie «se ci saranno più candidati». Il segretario toscano Andrea Manciulli la pensa come Rossi: «Prima dovrebbe pensare a governare bene la Puglia. Eppoi prima di pensare alle sfide personali c' è da costruire la coalizione». Il sindaco di Firenze Matteo Renzi, additato come uno dei volti nuovi papabili per la guida del partito o perfino della coalizione, preferisce tenersi fuori: «Non parlo nemmeno sotto tortura». Alla festa regionale di Legri, la presidente del Pd Rosy Bindi indica nel segretario Bersani il capo della coalizione. Un' idea condivisa dal presidente della Provincia Andrea Barducci: «Qualcuno ipotizza primarie tra Bersani, Vendola e Renzi? Mi pare ci sia molta fantasia. Bersani interpreta meglio alcuni obiettivi programmatici. Ricordo che per due volte Prodi ha vinto le elezioni, anche se non aveva il profilo di chi buca lo schermo». Il segretario metropolitano Simone Naldoni invoca «calmae gesso»: l' annuncio ormai atteso di Vendola è perfino «un po' proditorio», visto che è stato appena rieletto: «Pensi a sparigliare il centrosinistra facendo il governatore». «Vendola è stato bravo ad interpretare un pezzo di elettorato - dice il deputato Ermete Realacci - ma non mi pare che possa parlare a tutti». Mentre il responsabile sanità del Pd Paolo Fontanelli pianta già paletti: «Se vuole correre lo faccia nel contesto di primarie come quelle di cinque anni fa con Prodi e Bertinotti, purché sia chiaro il quadro programmatico per non ripetere le vecchie divisioni». Secondo il capogruppo regionale Vittorio Bugli «è prematuro». Mentre la consigliere regionale Daniela Lastri è per la gara aperta: «Non vedo niente di male ad una sua partecipazione alle primarie»

il Riformista 20.7.10
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il Fatto 20.7.10
Adele Cambria, collezione di addii
L’ex direttrice di Lotta Continua racconta la sua lunga carriere in “Nove dimissioni e mezzo”
di Eduardo Di Blasi

È un libro da far leggere a chi voglia fare il giornalista, quello di Adele Cambria, edito da Donzelli e che ha per titolo “Nove dimissioni e mezzo” (270 pagine, 17,50 euro). Una lettura indicata non solo per lo “spessore” della collega, che può vantare per l’appunto “nove dimissioni e mezzo”, anche da testate come Il Mondo, Paese Sera, Il Giorno, La Stampa, Il Messaggero, L’espresso, L’Europeo e l’Unità, passando per Lotta continua, di cui fu direttrice. E nemmeno per la consueta ironia che pervade il racconto di un mondo che in parte non c’è più. Dall’esame all’Inps della giovane Adele, con i carabinieri che, fucili in spalla, circolano tra i banchi per evitare che qualcuno copi, all’ostensione dal balcone dei paesini dell’Aspromonte del lenzuolo della prima notte di nozze, macchiato del sangue della sposa, alle serate con amici che hanno per nome Alberto Moravia, Elsa Morante, Italo Calvino o Pier Paolo Pasolini, per cui reciterà in Accattone e Teorema (magnifica la descrizione della sua parte, quella di “Nannina”, la donna napoletana che il regista ha voluto cucirle addosso con amichevole perfidia: “Mi tirano i capelli lisci indietro, con molte rozze forcine, niente trucco, e cinque bambini che non ne vogliono sapere di stare attaccati a me. Anche il più piccolo, otto mesi, che devo tenere in braccio, piange e sbava con gargarismi allucinanti, e questa mi sembra una buffa, dispettosa rivincita sull’idea che il regista ha di me: madre inesausta intorno alla quale i bambini vengono come mosche al miele... Figurarsi!”).
Il motivo per consigliarlo ai giovani colleghi, quindi, è da ricercare nella caparbietà di questa ragazza, “emigrata” da Reggio Calabria su un aereo Fokken traballante (proprio per andare incontro al terribile concorso all’Inps), e che, spinta dalla volontà di fare la giornalista, arrivata a Roma, inizia a frequentare il palazzo delle Poste in piazza San Silvestro (“scoprii una Olivetti e la mazzetta dei quotidiani a disposizione del pubblico”) perché lì aveva la strumentazione necessaria per lavorare, e a girare per redazioni proponendo i propri pezzi ad arcigne giornaliste, a travestirsi da cameriera con il tè, per fare ingresso nella stanza di Soraya Esfandiari Reza Pahlavi, ripudiata dal re di Persia perché sterile, e trovarsela davanti “bellissima in una guêpière di tulle e raso verde acqua...”, che il giorno dopo sarebbe finita sulla prima pagina de Il Giorno. Un racconto avvolgente, a matrioska, con storie che iniziano a metà del racconto di altre, e si confondono, per poi ritrovare un proprio percorso. Personaggi della grazia di Henri Cartier-Bresson o Tomas Milian, passando per storie esemplari, come quella di Telesera, giornale nato per sostenere il debole governo Tambroni, negli anni ‘60, che ricorda da vicino alcuna stampa di questi anni. Il 30 giugno del 1960, quando l’esecutivo ordina la linea dura, e a Genova esplode la violenza di Stato, “cosa fa il direttore Ugo Zatterin? Chiuso a doppia mandata nel suo ufficio scrive un editoriale, indovinate un po’ su che cosa? Sui fanalini posteriori delle biciclette, che dal 1° luglio diventeranno obbligatori!”. Vi ricorda mica qualcosa? Questa sera, dalle 19, alla Casa Internazionale delle Donne, di via San Francesco di Sales 1 a Roma, discuteranno del libro con Adele Cambria, Barbara Balzerani, Anna Lamberti-Bocconi, Lia Migale e Marina Pivetta.

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