sabato 23 luglio 2011

Corriere della Sera 23.7.11
«Eternità e precarietà, contraddizione feconda»
E Severino critica i critici di Severino
di Armando Torno


Sono usciti nell’ultimo anno numerosi libri che prendono spunto o criticano la filosofia di Emanuele Severino. Del resto, questo filosofo giudicato da Massimo Cacciari uno dei massimi del mondo contemporaneo, ha continue attenzioni dalla saggistica tedesca (se n’è occupato Thomas S. Hoffmann), francese (è appena uscito da Vrin Etérnité et violence) e anglosassone (già nel 1964 fu tradotto il suo saggio su Aristotele del 1956). La filosofia analitica incomincia a proporre la tesi dell’eternità di ogni evento— sono i cosiddetti eternalisti anglo-americani — che è tipica del pensiero di Severino. Il quale, però, considera «molto deboli le giustificazioni date per questa tesi» . Anche le traduzioni spagnole delle sue opere sono moltiplici. Poi ci sono gli italiani. Allo stesso Severino abbiamo chiesto di giudicarli. Cominciamo dal saggio di Gennaro Sasso Il logo, la morte (Bibliopolis). «Libro poderoso» dice Severino, al quale «intendo dedicare attenzione» . Sottolinea: «Pur provenendo dalla storiografia idealistica, Sasso sostiene una forma radicale di parmenidismo» . E anche se Severino ha sempre respinto la qualifica di «neoparmenideo» , viene rilevato a volte che al suo pensiero Sasso si sia avvicinato. Ma chiede, rifiutando le semplificazioni: «Vorrei però invitare Sasso, che mostra ovunque la presenza della contraddizione, a chiarire perché le contraddizioni debbano essere evitate. Se egli affrontasse questa domanda e si portasse verso la risposta autentica, la consonanza del suo discorso con quello dei miei scritti sarebbe rafforzata» . Un’osservazione analoga è rivolta al volume Il neoparmenidismo italiano (Bibliopolis) di un noto allievo di Sasso, Mauro Visentin. A partire dai seminari tenuti all’Università di Roma tra gli anni Settanta e Ottanta dal medesimo Sasso, nei quali discuteva i temi di Severino, «Visentin è andato sempre più identificandosi con la tesi di Parmenide dell’impossibilità che l’essere non sia» . «Ma perché— dice Severino in omaggio alla spregiudicatezza della filosofia — non si può affermare che l’essere non è? O addirittura che è nulla? D’altra parte nel saggio Visentin riconosce che il suo discorso e le critiche che mi rivolge altro non sono che quelle opinioni illusorie a cui fa riferimento Parmenide» . Anche Il sapere affettivo (Edizioni Diabasis) di Pietro Barcellona si sofferma a lungo sul pensiero di Severino, proseguendo un dialogo che l’autore, come Sasso e Visentin, va sviluppando da tempo. «Ringrazio Barcellona — dice — per il grande peso che, anche in queste pagine, belle e intense, attribuisce ai miei scritti» . «Ma quello che definisco "Destino della verità", a cui essi si rivolgono — incalza critico Severino — non toglie di mezzo, come egli teme, tutto ciò che gli sta a cuore: sentimenti, desideri, impulsi, dimensione poetica, irripetibilità dell’individuo umano. Anche se questi aspetti dell’essere non sono, come lo stesso Barcellona riconosce, degli occhi capaci di vedere la verità innegabile del mondo e di se stessi, tuttavia anch’essi sono eterni, ed è eterna anche la precarietà con cui si presentano. È eterno anche l’errare. Dico l’errare— non il contenuto dell’errare, cioè l’errore, che invece è un nulla» . Il dialogo con Severino viene proseguito anche nell’ultimo saggio di Natalino Irti, Diritto senza verità (Laterza). Di esso osserva: «Un libro lucido e serrato. Irti — che come Barcellona è un eminente giurista provvisto di rilevanti competenze filosofiche — è soprattutto interessato alla mia tesi che vede la tecnica destinata al dominio. Lascia però da parte il fatto che io sostengo una destinazione che si costituisce all’interno dell’errare: la tecnica è la forma più rigorosa e vincente dell’errare (tuttavia destinata a sua volta al tramonto). È quasi d’accordo con me sul fatto che la tecnica tende a diventare da mezzo scopo, dove lo scopo è l’incremento indefinito della potenza. Irti però non tiene conto dei motivi per cui affermo tale rovesciamento» . Prosegue perplesso Severino: «Gli chiedo allora: con quali mezzi le volontà di potenza, ad esempio quella politica ed economica, lottano tra di loro? Non si servono forse di procedure la cui efficacia è data sempre più dalla loro configurazione tecnologica, che esse non devono intralciare o indebolire? E con ciò non si è già imboccata la strada lungo la quale quelle volontà finiscono per dire addio ai propri scopi determinati per produrre l’incremento indefinito della potenza tecnica che dovrebbe realizzarle?» . In Icone della fine di Andrea Tagliapietra (il Mulino) la tematica di Severino relativa alla tecnica— nota il filosofo— «è prospettata con acutezza» ; intanto all’Università di Padova ha preso il via il Master «Death studies &the end of life» , diretto da Ines Testoni, dove insegnano figure di rilevanza internazionale. «Questa docente— nota Severino— che radica con originalità il suo discorso psicologico nella mia filosofia, sostiene che essa apre la strada a una teoria della conoscenza radicalmente innovativa e quindi a una società nuova» . Sulla base di questa interpretazione Ines Testoni dirige anche un progetto Daphne contro la violenza alle donne, nel quale sono coinvolti gli «psicodrammatisti» appartenenti alla Fepto, federazione che riunisce diversi Paesi europei. E il saggio Ex Deo-ex nihilo (Mimesis) di Fabio Farotti approfondisce appunto il modo in cui Severino interpreta lo sviluppo della civiltà occidentale. «Un lavoro di rilevante spessore teoretico» per il pensatore. In questi ultimi giorni è uscito, di Nicoletta Cusano, l’ampio saggio Emanuele Severino. Oltre il nichilismo (Morcelliana), da lui giudicato «la più completa interpretazione del mio intero percorso filosofico» . La Cusano è inoltre in procinto di pubblicare presso Mimesis Capire Severino sul problema del senso del nulla nel suo pensiero (sullo stesso tema è in uscita L’aporia del nulla dopo Emanuele Severino di Marco Simionato). Ampie parti sono dedicate a Severino da Paolo Bettineschi in Contraddizione e verità nella logica di Hegel (Vita e Pensiero), mentre Giulio Goggi è stato invitato a scrivere la monografia Emanuele Severino nella collana Filosofi italiani del Novecento della Lateran University Press (Città del Vaticano). «Lo considero — nota il filosofo — un invito al dialogo che, comunque, prosegue da mezzo secolo, giacché con la Santa Sede non si è mai interrotto» . Del resto, Leonardo Messinese della Pontificia Università Lateranense pubblicherà un terzo volume sugli scritti di Severino. Di prossima uscita c’è inoltre una monografia su di lui richiesta dall’editore Carocci a Giorgio Brianese e Davide Spanio. Sta per vedere la luce anche un saggio del regista e attore Franco Ricordi, Shakespeare filosofo dell’essere (Mimesis), che inserisce il sommo drammaturgo inglese nell’arco interpretativo che per Severino congiunge Eschilo e Leopardi. Ampie considerazioni su Severino interprete di Husserl, invece, si trovano in Fenomenologia eretica di Luca Taddio (Mimesis). «Il problema — dice il pensatore — in Husserl è la zona grigia in cui viene meno la distinzione tra ciò che appare e fede in ciò che appare; questo libro discute con personale acutezza questa mia critica» . Nel chiudere il filosofo ci confida con un sorriso: «Ogni critica alla verità è preziosa, e quindi anche ogni errore, perché la verità è tanto più concreta quanto più concreti sono la critica e l’errore» .

Corriere della Sera 23.7.11
L’ateneo ammonisce Galimberti: le fonti si citano
di Pierluigi Panza


Richiamo formale dell’Università Ca’ Foscari di Venezia al professor Umberto Galimberti per la mancata citazione delle fonti nella redazione di alcuni suoi testi. Per l’Advisory board dell’università la vicenda dei copia-incolla nei libri di Galimberti si conclude «con un richiamo affinché il docente voglia adeguarsi nella redazione dei testi scientifici all’uso sistematico della citazione delle fonti secondo la prassi condivisa e consolidata nel campo della ricerca nazionale e internazionale» . Così l’organismo di controllo interno dell’ateneo ha concluso l’esame iniziato il 25 maggio per la segnalazione di un uso sistematico di «copia ed incolla» nella produzione scientifica del professor Galimberti. Anche se, a dire il vero, le copiature non hanno granché a vedere con la produzione scientifica di Galimberti. Riguardano i prelievi di L’ospite inquietante (2007) da Il piacere e il male di Giulia Sissa (1997); di La stinta metropoli (articolo del 2006 su «la Repubblica» ) da Nell’immaginario cromatico di Alida Cresti (1997) e Gli equivoci dell’anima (1987) da interventi del 1982 e del 1986 di Salvatore Natoli. «Abbiamo affrontato con serietà e tempestività questa vicenda — spiega il rettore, Carlo Carraro —. Così come abbiamo scelto di valutare con attenzione l’originalità dei lavori dei nostri studenti attraverso l’introduzione del software antiplagio» . Lo scorso 27 maggio, il prorettore Agostino Cortesi aveva inviato a Galimberti una lettera con la richiesta di una memoria scritta in risposta alle accuse di «clonazione libraria» . Richiesta a cui Galimberti ha risposto l’ 8 giugno precisando la sua posizione e dimostrando di aver provveduto a correggere, in edizioni successive, le omissioni nelle citazioni. Ieri Galimberti ha mostrato sconforto nell’apprendere dai giornali la fine dell’iter: «Questa valutazione doveva restare in ambito accademico e non ho ancora ricevuto un atto ufficiale da Ca’ Foscari» . L’esito dell’iter è abbastanza italiano. Del resto, un mondo universitario che dalla legge 382 del 1980 non ha fatto che pilotare i concorsi (come documentato in decine di libri) che decisioni può oggi legittimamente assumere? Il re è nudo. Infatti, se i libri copiati da Galimberti sono stati presentati per un concorso universitario bisognerebbe attivare procedure anche verso i commissari di quel concorso. E qui si spalancherebbero le cateratte del malcostume universitario. Negli atenei c’è ben altro che la copiatura (corsi fantasma, dottorati inventati), per la quale— grazie al «Giornale» che smascherò il caso — Galimberti ha già umanamente pagato.

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